domenica 28 maggio 2017

257. VI SPENGO

Noto molta agitazione sulle bacheche di Facebook per un video che gira intitolato “Vi spengo”, un video che esorta alla ribellione, che in sostanza chiede di spegnere le luci tutti insieme il 2 giugno alle ore 21:30. Adesso, spegnere le luci per un minuto tutti insieme, comodamente da casa propria, non dovrebbe essere un grande sforzo, neanche un gesto di grande coraggio, visto che lo si può svolgere nell'anonimato, e non venitemi a dire che si può andare a verificare quali contatori si sono fermati, perché sarebbe una follia ed i motivi potrebbero essere tanti. No, non dovrebbe essere per niente difficile aderire a questa iniziativa, ma la gente si chiede “perché”. Il popolo dei social si è insospettito e nasconde la paura dietro lo scetticismo, un estemporaneo senso critico. Ci siamo bevuti la storia dell’olio di palma, ci siamo abituati alle pubblicità durante i film, ci sfoghiamo sui social, crediamo solo nella bellezza (quella finta) e nella notorietà (breve ed illusoria), ci lasciamo indottrinare dal primo arrogante che taccia di ignoranza chi la pensa diversamente, abbiamo imparato a stare sempre più soli e ad essere sempre meno naturali. Le nostre paure aumentano ed abbiamo sempre più bisogno di una guida, oramai sempre più incapaci di formulare un pensiero tutto nostro. Io non diffido di quelli che hanno condiviso il video, di quelli che l’hanno fatto girare, io non mi fido di quelli che lo temono, di quelli che hanno paura dell’incerto. I primi, quelli che hanno aderito alla diffusione del video, lo hanno fatto senza chiedersi da chi potesse partire l’iniziativa, o forse qualcuno un’idea se l’è fatta, ma gli altri, quelli che dalle loro bacheche impartiscono lezioni di maturità e scetticismo, hanno più paura della vita e hanno perso ogni speranza, ogni ideale. Probabilmente fanno le manifestazioni solo se comandate dal sindacato, aderiscono alle iniziative benefiche, solo se adeguatamente pubblicizzate, dicono e scrivono solo ciò che è prevedibile ed accettabile dalla massa. No, non voglio promuovere l’iniziativa, anzi, ribadisco che ciascuno deve farsi un’idea propria ed esserle fedele, la mia intenzione è proprio quella di evidenziare quanto sia inesistente la voglia di cambiare e di rischiare. E' evidente, infatti, che chi contesta ha già un padrone che gli dice come e quando contestare, e non sa se questo è il caso in cui bisogna credere o no. Mille volte più libero si è mostrato chi ha voluto credere in questa iniziativa, pur senza conoscerne i promotori, diffondendo il video, mille volte più vero e spontaneo, con una mente ancora viva, non spenta, non comandata. Mettiamola così: se anche si trattasse di un esperimento, se anche fossimo, come spesso accade a nostra insaputa, oggetto di osservazione per analizzare le reazioni della massa ad una certa azione, avremmo mostrato tutte le nostre paure, avremmo fallito un’altra volta.




martedì 23 maggio 2017

256. UNA TREDICENNE

Blanche, capelli chiari ed occhi scuri puntati sul mondo, ma soprattutto sul suo smartphone. Blanche e la sua musica, emozioni recepite attraverso le sue cuffiette e i video su YouTube. Blanche e le sue delusioni da tredicenne, così intense, ma così brevi. Troppo ancora da desiderare, troppi sogni ancora da sognare, amori da vivere e da immaginare, canzoni, libri e chilometri da divorare, volti da incorniciare, troppa vita davanti per fermarsi a guardare dentro ogni minuto. Blanche e la sua rabbia per le ingiustizie, il suo disorientamento, la sua voglia di piacere. E poi le canzoni di Ariana Grande, Problem, Bang Bang, Into you, belle da ascoltare, da cantare, bella Ariana e la sua dolcezza, bella come Blanche. Ieri, 22 maggio 2017, finalmente la grande occasione, il concerto di Ariana a Manchester, proprio a due passi da casa sua. Aveva acquistato il biglietto on line, assieme al suo papà che le sarebbe stato accanto in quella nuova esperienza, il suo primo concerto. Si era precipitata fuori all'arena il pomeriggio, costringendo il padre ad un'attesa noiosa ed interminabile: quattro ore in fila sotto i cancelli per riuscire a vedere da vicino la sua cantante preferita. Di tanto in tanto messaggiava con la mamma che era rimasta a casa con la sorellina, le inviava i selfie con il papà, con le compagne di avventura, era felice, e la mamma con lei.
I selfie, i messaggi e qualche foto sgranata di Ariana che si esibisce gioiosa sul palco (altro che dangerous woman), sono gli ultimi contatti, le ultime emozioni, gli ultimi abbracci tra Blanche e la sua mamma. Blanche è saltata in aria, assieme al suo papà alle 22:35 di ieri, per un ennesimo gesto di follia.
Questa storia potrebbe avere altri nomi, poteva accadere a Milano, il 25 maggio di due anni fa, il primo concerto di Ariana a cui ha assistito mia figlia Bianca, ed io ora sarei stordita da psicofarmaci. Non abituiamoci mai a questa bruttezza, a queste atrocità! Non facciamoci ingannare, quello che sta accadendo si può fermare, ma ci vuole la volontà di tutti. Come cavolo ha fatto il kamikaze ad entrare al concerto carico di esplosivo? Una parola: corresponsabilità. Ed è così per ogni atto che per comodità e inganno definiscono "folle".




lunedì 15 maggio 2017

255. CRESCETE E PROSTITUITEVI

Non sopporto chi scrive "pò" e non po', chi dice "lo voglio bene", "lo rispondo", chi scrive fà, sò, e tante altre scorrettezze inguardabili ed inascoltabili. Non sopporto l'approssimazione, la superficialità nel parlare e nello scrivere, che non ha niente a che vedere con i titoli di studio (sono regole che si imparano alle elementari), ma è solo una delle tante espressioni di un modus vivendi, denota altrettanta superficialità e sciatteria nella cura della propria persona, nel lavorare, e soprattutto nelle relazioni umane. 
Lavoro molto con le mail, ci sono persone che conosco solo tramite questo mezzo di comunicazione, ed ho imparato a capire molto dei miei interlocutori, anche solo attraverso le parole e la forma che utilizzano. Ammetto di nutrire particolare antipatia per chi non ha l'abitudine di iniziare la mail con un saluto ed inserisce il nome del destinatario all'inizio, quasi come ad impartirgli ordini, o ad ammonirlo, e soprattutto chi scrive il nome della persona a cui si rivolge in maniera scorretta, la trovo una grande mancanza di rispetto. A me capita, infatti, che qualcuno scriva il mio nome in due parole anziché per intero, che lo scriva con la V maiuscola, insomma, se leggi che mi chiamo Mariavittoria, non avrò mai una buona considerazione di te se scrivi il mio nome così: Maria Vittoria, o peggio ancora, MariaVittoria, ma insomma, ma che razza di modi sono? Tanto vale che mi chiami essere vivente, facciamo prima, almeno mi distinguo da te che vivi poco e male, o perlomeno "distrattamente". E poi quelli che non ringraziano, che rispondono dopo molti giorni o, peggio, non lo fanno per niente.
Non sopporto gli avari perché sono anche poco magnanimi nei sentimenti (e qui la mia amica Susanna sorriderà perché è una delle intolleranze che ci accomuna e di cui ci lamentiamo spesso); non riesco a digerire quelli che accusano gli altri di invidia, perché sono i primi invidiosi; quelli troppo gelosi, perché sono i primi traditori; quelli che fanno la spia e riferiscono gli errori ed i peccati degli altri, perché sono i primi a dover nascondere i propri errori, e sono essi stessi grandi peccatori. Quelli che giudicano e sentenziano, perché è proprio per la loro mancanza di coraggio che condannano chi invece riesce nell'impresa che loro hanno rinunciato ad intraprendere. Guardo oramai quasi con tenerezza chi assale, chi attacca, perché so che si sente più debole. Mi annoiano le belle parole ed i vani tentativi di mostrarsi sempre buoni, di voler apparire perfetti. Non sopporto chi cita testi ed espressioni fingendo che siano proprie, mi intristisce chi copia. Adoro le imperfezioni della spontaneità, la verità dell'istinto. Siate voi stessi, a costo di apparire impopolari!

Questo è il mio personalissimo, modestissimo omaggio ad Oliviero Beha, un giornalista vero, di grande ironia e cultura, uno che non era simpatico a molti, che appariva anche un po' arrogante, ma fedele a se stesso.


domenica 14 maggio 2017

254. RICONOSCERSI

La prima volta che ti ho visto, non riuscivo ancora a metterti a fuoco, ma già avevo capito che eri bellissima.
La prima volta che ti ho visto,
avrei voluto chiederti scusa, perché ti
avevo già fatto male.
La prima volta che ti ho visto, eri lì, stanca, sudata, fiera, ed ho capito immediatamente che eri una guerriera.
La prima volta che ti ho visto, mi sono affidato a te, senza timori, senza alcuna paura. E ancora adesso è così.
La prima volta che ti ho fatto ridere, ero talmente felice che quasi mi facevo sotto.
La prima volta che ti ho visto piangere, non capivo perché, mi sono arrabbiato, come se mi stessi picchiando. Non sopportavo quel tuo lato debole, non sopportavo l'idea che io non ti bastassi, che qualcun altro avesse il potere di farti male. Più tardi, ho capito che ti eri vergognata di quel pianto e che io mi ero rattristato, solo perché mi ero sentito messo da parte.
La prima volta che ti ho visto dolorante, mortificata da un male subdolo e prepotente, ho bestemmiato, ho sbattuto la porta e sono scappato.
Forse ti ho deluso, forse non era la prima volta, e forse non sarà neanche l'ultima, ma ti giuro che ognuna di queste volte ti ho amata più di me stesso, mamma.


L'ho scritta più di un anno fa, ma la sento oggi ancora di più mia, oggi che vorrei sbattere forte la porta per scuoterti e ricordarti che qui c'è ancora bisogno di te.



martedì 9 maggio 2017

253. GRAZIE

Il 10 maggio di quattro anni fa nasceva questo blog, il mio spazio privato condiviso, il mio divanetto da psicoterapia. Ho usato questo blog per parlare a me prima che a voi lettori, e l'ho fatto nella maniera più spontanea possibile, perché fosse evidente che raccontare di me sarebbe stato come raccontare di uno di voi. Scrivere dei sentimenti, dei nostri errori, delle nostre paure, delle tradizioni e dei luoghi comuni è il mio modo per sentirmi un po' più libera, più forte. Ogni tanto tocco argomenti di attualità e politica, solo per ricordare che per essere liberi bisogna conoscere, partecipare. E allora finisce che ci resto un po' male se assisto al decadimento di una classe politica che non fa altro che sputare veleno sull'avversario, anziché pensare al popolo ed ai programmi per risanare un'economia malata ed arrogante. E diciamolo che lo sappiamo tutti che gran parte delle ONG sono sporche, che Macron non è la salvezza per l'Europa, che è avvilente che una parte di italiani (e non) abbia dato due euro per concedere fiducia ad uno che promette di uscire dalla politica e non lo fa, come del resto non ha mantenuto altre promesse. Insomma, è sempre più l'epoca della forma, dell'apparenza, delle belle parole, del bell'aspetto, e alla fine cosa resta? Quali alibi racconteremo un giorno ai nostri figli? Non lo so, magari non ne parleremo per niente. Intanto, confido nell'amore, per dare un senso a tutto (anche se un senso non c'è, come direbbe Vasco), l'amore per la propria terra, per i propri ideali, per se stessi, per una giustizia sociale e per la libertà (che non vuole nessuno). Un abbraccio a tutte voi, care lettrici, che leggete i miei racconti ritrovando un po' della donna che siete, o che vorreste essere, voi amiche sconosciute e timide, voi sincere ed entusiaste, voi che mi scrivete in privato ed anche voi che ho il privilegio di conoscere di persona e che quando incontro mi regalate dei bellissimi sorrisi. Che bello sapere di essere stata capace di emozionarvi, farvi riflettere, sorridere e a volte di consolarvi! Vorrei essere riuscita a farvi sentire un po' meno sole, a farvi amare un po' di più la donna che siete.  Un abbraccio anche a voi lettori affezionati, uomini sensibili e disorientati. Ecco, a voi, invece, vorrei essere riuscita a donare un po' di tranquillità, a far capire quanto noi donne siamo diventate fragili, incapaci di sostenere tutto il peso di questo ruolo da eterna protagonista, quest'ansia da prestazione. Avvicinatevi a noi senza protezione, senza frasi fatte e strutture virtuali, tornate a parlarci guardandoci negli occhi, con la grazia di un principe e la determinazione di un combattente, non temete le nostre incoerenze, siate voi una certezza. Qui c'è bisogno di uomini! Quelli veri, che non hanno bisogno di raggiungere un elevato numero di prestazioni sessuali per dimostrare la loro virilità, che non picchierebbero mai una donna, che hanno il coraggio di affermare le loro idee, che sanno perdere e chiedere scusa.
Grazie per le 52.437 volte in cui mi avete fatto compagnia, venendo qui a leggere di me, dei miei dubbi e delle mie fantasie.
Buon compleanno al mio blog ed a tutti voi GRAZIE GRAZIE GRAZIE!


Il quadro è della giovane artista partenopea Laura Albrizio e s'intitola "E se fosse stato Adamo a nascere da una costola di Eva?"