<<Questa è tua!>>
L’uomo sopra i cinquanta guarda prima la borsa da lavoro che
porta nella mano destra, poi solleva il mento verso chi gli sta di fronte e lo
guarda, attendendo la sua reazione.
Pochi secondi di silenzio e l’altro, un po’ interdetto gli
risponde: <<Sì, effettivamente è
uguale alla mia>>
<<No no, è proprio la tua borsa>>, incalza
sorridendo il primo.
<<Ah!>> esclama distrattamente l’altro.
<<Ti spiego come è andata>> Le labbra carnose
consentivano a malapena di decifrare le parole, ma messe a corredo di quel viso
grosso, sotto un paio di narici larghe, erano perfette calamite per i miei
occhi. Mi sembrava che il possessore della borsa incriminata fosse un uomo
buono, troppo impacciato, uno di quelli che credono di trovarsi nel corpo
sbagliato, nell’età sbagliata. Fisico abbastanza asciutto, ma viso gonfio e
mani doppie, da contadino, sembravano racchiudere un animo sensibile,
un’ingenuità quasi adolescenziale.
<<Ho trovato questa borsa in ufficio ieri ed ho
chiesto ai colleghi presenti nella stanza se fosse di qualcuno di loro, ma
nessuno ne ha reclamato la titolarità, ed io, incredulo, ho cominciato a
valutarne la capienza e le condizioni estetiche. Poi qualcuno ha aggiunto: “Credo
sia di Alfonso, ma te la puoi prendere, l’ha abbandonata qua da mesi.” Ed io ci
ho messo dentro le mie carte e me la so portata a casa. Hai capito
Alfo’?>>
<<Sì sì, effettivamente l’ho lasciata nell'armadietto
mesi fa, t’a puo' piglia', non uso più queste borse, vedi?>> E mentre lo
dice, con il mento indica il borsello che porta a tracolla.
Alfonso ha un viso tondo, lineamenti delicati, un ventre
prominente, mani non troppo grandi ed effettivamente, a guardarli bene adesso,
sembra che la borsa stia meglio nella manona dell’uomo con i labbroni,
piuttosto che appesa al braccio di Alfonso.
Alla fine la borsa e la mano si erano ritrovate, erano
destinate a stare insieme.
Così, contenta del lieto fine, mi sono soffermata su altre
facce, altri corpi, del resto il viaggio in metro sarebbe durato ancora una
decina di minuti …
Altra scena, altri personaggi, questa volta una coppia male
assortita: lei seduta e pigra, capelli sporchi, scontenta e polemica, lui in
piedi di fronte, mani ed unghie pulite, viso dolce e sognatore. Li ho
abbondonati subito, mi mettevano tristezza, avrei ascoltato un copione noioso e
prevedibile.
Alla fine ha vinto lui, un vecchietto sopra i settanta,
giubbino economico e malandato, ma pulito, testa bassa e vergognosa, ha
estratto due accendini dalla tasca destra e li ha mostrati alla donna che gli
stava accanto, le ha detto: <<Datemi qualcosa a piacere, non posso
tornare a casa senza spesa>>. La donna lo ha ignorato e lui si è rimesso
in tasca gli accendini, ancora più in soggezione, con grande imbarazzo ha
chinato ancora più il capo su se stesso. Ho cominciato a fissare quel volto
rugoso e stanco, quel corpo accartocciato dagli anni e dalla vergogna ed ho
cominciato a sperare che mi guardasse,
che i suoi occhi incrociassero i miei, che la retta della bocca tornasse ad
essere una curva, ed è accaduto. Proprio prima che arrivasse la mia fermata, ha
alzato lo sguardo verso di me ed io ho piegato leggermente la testa in segno di
approvazione e gli ho detto: <<Me li dia tutti e due>>, abbiamo
entrambi allungato il braccio con l’oggetto di scambio, gli ho poggiato le
monete nel palmo della mano ed ho portato via gli accendini. Mi ha guardato con
gratitudine e commozione. Poi si sono aperte le porte e sono scesa dalla metro, pensando a ciò che avrebbero portato a casa quelle mani.
Le mani, quanto dicono le mani, più di ogni altra parte del
corpo, più degli occhi, più della bocca, le mani.
Proprio in questi giorni mia figlia sta leggendo Firmino di Sam
Savage, e c’è una parte nel quarto capitolo dove si cita Gall, il medico tedesco
che alla fine del ‘700 si appassionò alla fisiognomia, ovvero la disciplina che
pretende di dedurre i caratteri psicologici e morali di una persona dal suo
spetto fisico e soprattutto dai lineamenti e dalle espressioni del volto.
Che ci sia una forte relazione tra le due sfere è evidente, l'ho sempre creduto, ma non è certo corretto utilizzare una sola chiave di lettura, credere che la
relazione sia diretta ed univoca.
Così nei viaggi preferisco leggere i corpi piuttosto che i libri, li trovo più interessanti, più sinceri.
Quindi, non abbiate timore, perché se è vero che il riso abbonda
sulla bocca degli stolti, non è che quelli tristi lo siano di meno. La
leggerezza, l’ironia, sono proprie delle persone molto intelligenti, imparate a
ridere che a piangere so bravi tutti.