giovedì 23 giugno 2022

IL POTERE LOGORA CHI NON CE L'HA

“Ciascuno è libero di cambiare idea, ma un esponente del Movimento 5 Stelle che abbandona il Movimento deve pagare un risarcimento al cittadino, deve rispondere del proprio tradimento, si deve dimettere e poi può ricandidarsi nuovamente. Questa è la differenza tra noi e i partiti tradizionali, prendessero esempio da noi.”

Potremmo partire da qui, da queste parole che Luigi Di Maio ha proferito circa cinque anni fa (chi vuole, può reperire facilmente il video in rete, basta cercare “i voltagabbana del Parlamento”), potremmo partire da qui, almeno noi che per un po’ ci abbiamo creduto, per chiedere il risarcimento.

Avrei voluto evitare di partecipare alla demonizzazione mediatica del cinico Giggino nazionale, avrei davvero voluto lasciarlo in pasto al sarcasmo ed alla soddisfazione di chi ne aveva sempre parlato male, chi lo aveva deriso per la sua inesperienza o, peggio ancora, chi lo aveva preso in giro per i suoi trascorsi da “bibbitaro” da stadio. Avrei voluto restare, come sempre, fuori dalla massa, ma ho un dovere verso chi mi legge e verso me stessa innanzitutto.

Qualche anno fa, alla vigilia delle politiche del 2018, mi esprimevo, proprio su questo blog, a favore dei pentastellati, sia perché conoscevo molti attivisti del Movimento, in cui riponevo grande stima e fiducia, sia perché credevo nella possibilità di un cambiamento politico epocale.

Ho dovuto rispondere a lungo alle accuse di ignoranza e stupidità mosse verso gli elettori del Movimento, ma ho sempre creduto, e lo spiegavo anche in un post pubblicato nel maggio del 2018, che molti di noi potessero ritenersi ingenui, sognatori, ma niente di peggio.

Nel corso di questi ultimi cinque anni abbiamo assistito ad una lenta eutanasia del Movimento, dalle svariate deroghe ai principi del regolamento interno, ai voti a favore dell’obbligo vaccinale, al silenzio sull’ILVA di Taranto, dal compromesso con la Lega al sodalizio con il PD.

Ad ogni promessa mancata cadeva un tassello che reggeva il castello di illusioni, iniziava a farsi spazio l’idea che forse un giustizialista è solo un imbroglione che non ce l’ha fatta. Quel grido “onestà” era solo la rabbia di chi serba rancore verso chi possiede qualcosa che si desidera, proprio come diceva Andreotti: il potere logora chi non ce l’ha.

Ritengo ancora valida l'idea del reddito di cittadinanza, magari con forme di controllo più efficaci, ma non posso fare a meno di ridere davanti all'affermazione "abbiamo abolito la povertà", non posso che dispiacermi per la deriva qualunquista di tanti elettori delusi.

Caro Luigi Di Maio, anzi, neanche caro, onorevole, che una volta riteneva offensivo, le volevo ricordare che grazie al desiderio di cambiare di dieci milioni di sognatori, lei ha imparato dove è il Venezuela, e a non confonderlo con il Cile, ha avuto un lavoro fisso a rendita indeterminata, ha viaggiato, ha imparato a sorridere mentre mentiva, ha ottenuto un po’ di quel potere che bramava.

Adesso però non si senta un genio della politica, perché lei si è semplicemente adeguato ad un malcostume italiano noto da decenni, è stato solo un bugiardo dei tanti, una vittima del karma, come tutti quelli che si ergono a giudici della morale. 
No, le monetine non le arriveranno, qualcuno dice che potrebbe raccoglierle.



sabato 18 giugno 2022

LA PARANZA DEI CANTANTI

Non dirgli mai che siamo stati a letto per un giorno interoooo...

Eh sì, l'ho cantata anche io ieri sera, mentre andava in onda su Raiuno la festa a Piazza del Plebiscito per i trent'anni di carriera di Gigi D'Alessio, a dire il vero ho cantato solo questo verso, perché non conosco altro della canzone, l'ho fatto pensando a quante volte queste parole sono state usate per sdrammatizzare situazioni sentimentali ambigue o per ironizzare su uno stile canoro dai testi scontati.
Ieri sera, assieme ad altri tre milioni e mezzo di italiani ho acceso il televisore e lasciato su Raiuno, nel frattempo ho fatto telefonate, letto riviste e riordinato la cucina. Non amo la musica di Gigi D'Alessio e neanche la tradizione a cui si ispira, ma ieri mi sono posta senza pregiudizi davanti ad uno spettacolo musicale nazional popolare, con l'idea di assistere ad una festa. E tale è stata l'esibizione di ieri, una festa per un cantante che, nonostante gli sforzi, è rimasto un neomelodico.
Gigi D'Alessio è più amato fuori Napoli che nella sua città stessa, perché restituisce l'immagine stereotipata e folkloristica di una città che in tanti raccontano, ma in pochi comprendono.
Una volta ho scritto che Napoli è quel che si è nel momento in cui la si descrive; esprimere la propria idea di Napoli, raccontare Napoli è raccontare se stessi. In questo la mia città è speciale, nell'offrire a ciascuno, con grande generosità, l'aspetto che più gli assomiglia, così all'eccentrico regala le urla dei quartieri popolari, allo snob la bellezza altezzosa di Posillipo, al borghese l'ordinarietà del Vomero, al malizioso la provocatoria esuberanza del lungomare.
Sul palco di ieri c'era una certa Napoli antica, una certa Napoli di quarant'anni fa, quella delle sceneggiate di Mario Merola, quella della mistificazione della furberia guappa e oleografica, una Napoli che, fortunatamente, si è ridimensionata.
Il pubblico di ieri sera (quello presente e quello da casa) era eterogeneo, ma probabilmente più evoluto e meno provinciale dello spettacolo offerto sul palco.
Io non ci sto a quest'ennesimo racconto superficiale e voyeristico della mia città.
La festa di ieri sera non era un evento da prima serata su Raiuno, non era da Piazza del Plebiscito, la si poteva svolgere in un teatro, come una serata di un neomelodico che piace ad un pubblico abbastanza vasto, ma non estesissimo e, soprattutto, la si poteva svolgere senza il supporto economico della Regione Campania.
La festa di ieri non mi ha infastidita, mi infastidisce chi vuole legare Napoli sempre agli stessi stereotipi, mi colpisce chi decide di investire tante risorse che sarebbe stato più opportuno destinare ad altre cause.
Napoli è anche questa e non va nascosto, ma, del resto, " 'a sape tutto 'o munno, ma nun sanno 'a verità".





giovedì 9 giugno 2022

SENSO DI COLPA E BLA BLA BLA

Oramai lo sappiamo bene, con la recente pandemia è cambiato per molti l’approccio alla malattia e, ahimè, alle relazioni sociali. La paura dell’altro in quanto corpo estraneo, potenziale vettore di malattie, ha accentuato la diffidenza verso il prossimo e l’egoismo, con una conseguente maggiore autocelebrazione ed attribuzione di tutte le colpe al soggetto in difficoltà. Chi si ammalava di covid, soprattutto nei primi mesi, era accusato di superficialità nell’uso dei dispositivi di protezione e veniva tenuto a debita distanza; per la prima volta un ammalato non destava tenerezza o compassione, ma rabbia e disapprovazione. Ancora adesso ci sono persone che guardano con timore e un po’ di intolleranza chi non usa la mascherina all’interno di un edificio, anche se è lecito respirare liberamente. Grazie al cielo, con il tempo è un po’ scemata l’abitudine ad accusare gli ammalati, ma non è andata via la convinzione che quando si riceve un danno, da malattia o da altro, la colpa sia nei comportamenti del danneggiato. È bastato poco per arrivare, o meglio, tornare ad accusare le vittime di stupro di colpa, solo perché magari indossavano abiti succinti. È di pochi giorni fa la notizia che, a Rimini, il sindaco ha emanato un provvedimento nel quale un abbigliamento succinto viene ritenuto metodo di “adescamento” e quindi vietato in virtù del fine principale, ovvero l’abolizione della prostituzione. Quindi, uno dei parametri utilizzati per individuare una prostituta sarà la dimensione dell’abito, per cui, in considerazione dell’abitudine delle ragazze di indossare abiti corti e scollati durante il periodo estivo, il sindaco Jamil Sadegholvaad si troverà ad applicare numerose sanzioni per tutte le potenziali prostitute che abitualmente frequentano Rimini nei mesi caldi.

È colpa nostra se ci ammaliamo, è colpa nostra se ci violentano, è colpa nostra se le temperature aumentano, se i ghiacciai si sciolgono, se il petrolio non basta, se il gas non basta, è colpa nostra di tutto.

Quindi i cattivoni, gli uomini ingrati, dovrebbero chiedere scusa e lasciare questa terra. Anzi, come si grida da qualche anno, per una stupida moda, bisogna invocare l’asteroide, così non bisogna neanche spostarsi, e si può restare comodamente seduti sulla riva del fiume inquinato.

Non ci bastavano i sensi di colpa con cui veniamo al mondo, perché abbiamo fatto soffrire la mamma, adesso dobbiamo ricordarci ogni giorno che siamo solo dei peccatori, colpevoli di vivere.

I giudici impietosi, quelli che si autoassolvono ed avallano la politica di uno stato etico, saranno sicuramente nati da un cesareo, probabilmente non usano mezzi inquinanti per gli spostamenti, si muovono a piedi o con la bici, si lavano i denti con i finocchi, usano l’acqua con cui si sono lavati, per pulire i piatti e poi per scaricare, o forse fanno i propri bisogni direttamente nella terra che coltivano; quelli che usano le candele e mangiano i prodotti del proprio orto non trattati, che a loro volta diventeranno concime.

Forse si salveranno, ma da cosa? Dal rimprovero di Greta ed il suo bla bla bla? Dalle sanzioni economiche, dal giudizio severo dell’opinione pubblica?

Sia chiaro, amo camminare e usare dove possibile i mezzi pubblici, faccio la raccolta differenziata da anni e provo a mangiare sano, ma sono una no-eco, non solo perché non sopporto la moda dell’ecologicamente corretto, ma soprattutto perché non farò da eco a tutte le trovate dei finti salvatori del pianeta.

Menomale che è arrivato il caricabatteria universale a dare un contributo alla pace.