Solita routine, solito lavoro, qualche risata tra colleghi, qualche sorriso inaspettato, ma tutto più o meno "normale". Eppure, sono in macchina e guido verso casa dopo il lavoro, mi intravedo per un attimo nello specchietto retrovisore, poi mi guardo meglio e mi scopro sorridente. Sul mio viso un'espressione incontrollata, di inspiegabile serenità, gli angoli della labbra all'insù, sorrido, mi sento bene! Sì, perché alla fine, anche se ci sono aspetti del mio lavoro che cambierei volentieri, anche se non tutto va come vorrei che andasse, tra persone incontrate nel modo e nel momento sbagliato, tra fraintendimenti, tra impegni quotidiani e automatismi vari che sembrano occupare troppo del mio tempo senza dargli un senso. Tra osservazioni banali e discorsi ripetitivi, tra reazioni prevedibili e scontate, tra la noia e la rassegnazione, c'è la voglia di stare bene, c'è la consapevolezza che tutto questo l'ho voluto io, l'ho cercato io, era quel che desideravo. E allora mi crogiolo in questa condizione di benessere, in questo sorprendente stato di grazia. Con la mente brilla, mi giro verso la macchia accanto e l'uomo che è alla guida, un cinquantenne dall'aspetto curato, mi sorride, come uno specchio che riflette la mia espressione. Appena me ne accorgo, mi rigiro con un lieve imbarazzo, ma soddisfatta per aver contagiato un po' anche lui. Qualcuno dice di me che sono un'idealista, che credo di poter cambiare il mondo, che sono uno spirito libero, che non amo vincoli, obblighi e costrizioni. Sì è vero, perché la libertà sta proprio nella possibilità di trasgredire e scegliere di non farlo, nell'avere a disposizione tante armi e non adoperarne neanche una, nell'avere un tesoro a portata di mano e non toccarlo. Io scelgo di essere libera di vivere come voglio, senza omologarmi ad alcuna categoria, senza appartenere ad alcun gruppo, fuori dalle sette dichiarate e non. Nel frattempo, l'uomo di prima mi affianca e mi sorride, forse ha frainteso le mie intenzioni, sfuggo allo sguardo e accelero. Torno a riflettere sulla mia condizione. Non so, forse sarà per via della mia natura partenopea, che si arrabbia, ma non troppo, che lascia correre, che tende sempre a vedere il bicchiere mezzo pieno, quasi come se questo mare che ci bagna, mitigasse anche i sentimenti oltre che il clima. Come se la città si fosse lentamente assuefatta ai soprusi, alle violenze, come se l'ira e la rabbia avessero lasciato il posto ad una latente rassegnazione.
Sembra incredibile, ma ci si abitua anche all'infelicità. E quando ci si abitua all'infelicità, si vive in uno stato di torpore, in un’atmosfera ovattata, tutto giunge lentamente, in sordina, e non c'è più nulla che conti davvero. Più che all'infelicità, ci si abitua all'idea che non si possa manovrare un destino già scritto, che si sia impotenti difronte a certi eventi, a certi meccanismi oscuri e meschini che regolano le dinamiche della vita. Più facile fare del vittimismo che rimboccarsi le maniche e combattere. Io non ci sto. Io voglio vivere provando costantemente a migliorare la mia condizione, voglio essere felice, e lo posso essere solo se provo a cambiare quello che non va, agendo anche nell'interesse comune, con altruismo e generosità.
Sono arrivata a casa, parcheggio ed esco dall'auto che un po' mi proteggeva, mi dava la giusta distanza dal resto del mondo, mi garantiva un po' di privacy. Adesso sono io, senza armatura, mi guardo attorno con occhi diversi e penso che c'è tanto da fare, bisogna impegnarsi, con coraggio e determinazione per cambiare il mondo, o comunque per vivere felici, inseguendo un sogno.
leggendo ciò che hai scritto ho avuto la stessa sensazione che avrei nel guardare il mare dall'alto: luccichii che scompaiono e ricompaiono in punti diversi; un movimento perpetuo delle onde di cui non sai individuare né origine né destinazione; sai che c'è vita, ma non la vedi; non sai cosa nasconde sotto la sua superfice.....una sensazione che non chiamerei libertà, ma evanescenza.... allora mi son chiesto: e tu Nat come ti vedi adesso ? Che strano...ho la stessa sensazione ...sono e non sono...sono evanescente...si forse sono libero, ma per fare che ? In verità non lo so....Sai cosa penso Mavi ? Che a volte si perde quella via che da ragazzi ci avevano indicato e che avevamo visto percorrere dai nostri genitori...e la perdiamo perché ci nasce dentro la sensazione che non era l'unica, né la migliore...e nel frattempo che cerchiamo di orientarci, non sapendo quale strada debba essere percorsa ad un certo punto del nostro cammino...diventiamo " liberi evanescenti"...o meglio, non prenderla a male, " liberi..inconcludenti "..ma penso che sia una fase normale quando è in atto una possibile transizione " almeno nei proponimenti" che non ha ancora degli obiettivi precisi.... corollario di tutto ciò...ti guardi intorno e nello stato in cui stiamo e per ciò che esprimono gli altri ti riesce difficile trovare un obiettivo importante in questo contorno di decadenza sotto tutti gli aspetti....ed allora vivi di evanescenze...di momenti...di sorrisi..di proponimenti...sino a quando , ed avviene molto spesso, qualcosa o qualcuno ti crea un malessere....ed allora per difenderti cerchi un idea, uno scopo, una risposta e nel frattempo vivi , se ti va bene, in uno stato di " libera evanescenza".....and so on....mahhh !! ( libere sensazioni personali )
RispondiEliminaBeh penso che non stiamo attraversando un periodo che possa essere ispiratore di proponimenti fruttuosi per la comunità..anzi è più ispiratore di ribellione...autodifesa e trasgressione...ma senza né capa né coda ...solo come istinto di reazione del momento; ed è ciò che osserviamo sia in politica che nella gente....né capa né coda ! Tra la "gente" ovvio ci siamo sia io che tu.
Ciao Mavi