domenica 23 ottobre 2016

231. OBIETTORE O CARNEFICE?

Dopo quanto è accaduto a Catania nei giorni scorsi, nel reparto di ginecologia dell’ospedale Cannizzaro, si è sollevata nuovamente la questione dell’opportunità della presenza dei medici obiettori di coscienza negli ospedali. Anche se la morte della giovane Valentina potrebbe non essere attribuibile all’inerzia del medico obiettore, la vicenda ha dell’assurdo. Vi dico la mia.
Dieci anni fa ero una giovane donna all’inizio della seconda gravidanza, felice, ottimista e piena di aspettative verso il futuro, ero convinta che la vita avrebbe continuato a regalarmi gioia e fortuna, come aveva fatto fino a quel momento. Nel luglio del 2006, quindi, non ero per niente in ansia quando mi sono recata in ospedale per effettuare l’amniocentesi, sarebbe stata una formalità. Mentre attendevo il mio turno e chiacchieravo amorevolmente con le altre donne in dolce attesa, ho appreso che una di loro era lì ad insaputa del ginecologo che la stava seguendo. “Sai com’è?” mi ha detto, “il mio ginecologo non è d’accordo, non vorrebbe che io facessi questo esame, è obiettore di coscienza lui”. “E quindi?” le ho chiesto, “cosa ti importa? Cambia medico. Lavora in un ospedale ed è obiettore di coscienza?”. Lei mi ha messo a tacere mettendomi una mano sul braccio, mentre alzava la testa in segno di saluto “Buongiorno dottore!”, proprio in quel momento stava attraversando il corridoio un tipo occhialuto e scuro di capelli che, con un sorriso di convenzione, rispondeva al saluto. Intuendo che si trattasse del suo ginecologo, armata di coraggio e spirito ribelle che da sempre mi accompagna, gli ho detto “Ah, bene. Lei è il dottore che segue la signora, e che non vuole che lei faccia l’amniocentesi.” – “Certo!” mi ha risposto e, scappando via, con il classico sorrisetto da vigliacco, ha pronunciato qualcosa di mostruoso: “Mica vogliamo uccidere i bambini?”. Sono rimasta di pietra, avrei voluto insultarlo, dirgli quanto fosse stato violento ed irritante il suo atteggiamento, ma non ne ho avuto la forza. Mi sono limitata a fissarlo con sguardo di compassione impegnandomi a distrarre la sua paziente; ho cercato di trovare altri argomenti, perché non si rattristasse, ho provato a farla sorridere con una battuta, e poi gliel'ho detto: “Cambia medico, è una brutta persona.”

Caro il mio dottore, che prendi soldi a nero nel tuo studio, che induci le donne a scegliere il cesareo per fare presto e prendere più parti in un giorno, e poi beccarti la mazzetta per ciascuno di questi; caro dottore che nelle cliniche private pratichi interventi di vario genere a costi elevati, che non rispetti etica e dolore, che paragoni una madre che sceglie di abortire, nel rispetto della legge, ad un assassino, sei un vile, arrogante e penoso carnefice. Sei tu che ti accanisci con chi è più debole, che non hai rispetto per nessuno. E sai perché? Perché forse non sai che una donna si sente già madre da quando scopre di avere un ritardo, una donna sa già di avere un figlio in grembo, prima ancora che il test le dia la risposta, e per questa donna la scelta di un aborto è comunque una scelta devastante. Perché decidere di non mettere al mondo un figlio è una scelta che si paga per tutta la vita, con la propria vita. Quando si decide di mettere al sicuro il proprio figlio da una vita di rinunce, di derisione, di emarginazione, di sofferenze fisiche o di mille altre torture, lo si fa per proteggerlo, decidendo di soffrire al suo posto. Decidendo di farsi carico di una scelta dolorosa. Perché dopo un aborto un piccolo cuore smette di battere solo per la medicina, ma continua a battere nel cuore della mamma per sempre.


domenica 16 ottobre 2016

230. MISTERO BUFFO

Giorni fa parlavo con un amico del suo isolamento forzato dai social, e del tentativo di disintossicazione. In realtà è stato un tentativo, mal riuscito, e neanche tanto convinto, di breve durata e direi anche parziale. Non è stato un reale isolamento perché il mio amico non scriveva nulla, ma leggeva, non commentava, ma osservava.  In pratica, ha fatto quello che fa abitualmente la gran parte degli iscritti ai social più famosi (Facebook e Twitter). Dedicandosi esclusivamente all'analisi di quanto accade, senza partecipare attivamente, senza lasciarsi trasportare dalla voglia di contestare, o di elogiare, notando da subito la caratteristica che accomuna gli opinionisti di sto web: l'incoerenza. Siamo tutti incoerenti, in perenne contraddizione con noi stessi. Tutti, chi più e chi meno. L'incoerenza, in fin dei conti, se intesa come cambiamento, come emancipazione, è da intendersi positivamente, solo gli stupidi non cambiano mai idea, si sa. E' anche vero, però, che laddove l'incoerenza si esprime con numerose contraddizioni, probabilmente dovute alla disinformazione o all'assenza di un pensiero proprio, risulta ottusa e fastidiosa. Di fronte a questi eventi, se volessimo stabilire il grado di incoerenza che sancisce il confine tra evoluzione critica e superficialità, dovremmo impelagarci in analisi troppo meticolose, e quindi, come sempre accade, decidiamo di andare a sensazioni, ci affidiamo al criterio emotivo.
In questa settimana gli spunti sono stati tanti, su tutti, la morte di Dario Fo ed il nobel per la letteratura a Bob Dylan. Tralasciando tutti i finti adulatori dell'ultim'ora, quelli che seguono la moda, che se gli dici che è morto Topolino, lanciano post al grido di RIP, tra una citazione ed un'altra, ci sono quelli che, mediamente informati, iniziano ricerche sul web per farsi un'idea di chi fosse il defunto.
Dario Fo è stato celebrato da quasi tutti, quasi. E' stato capace di suscitare polemiche anche dopo la morte, come è accaduto per gran parte della sua vita. Lo celebrano tutte le grandi testate giornalistiche, ad eccezione di qualcuna, e viene da chiedersi il perché. Perché "il Giornale" pubblichi in questi giorni tutti pareri negativi sull'artista varesotto (nato a Sangiano per la precisione): le critiche mosse a suo tempo dalla Fallaci e, soprattutto "l'odio per Calabresi". Adesso, premesso che Sallusti non ha goduto mai per un attimo della mia stima, mi chiedo che senso abbia, nel giorno dei funerali di stato organizzati per la dipartita del premio nobel, definirlo "penoso", disumano ed estremista. Se Sallusti crede che sia necessario tirare in ballo la questione Calabresi, per dimostrare che Dario Fo non fosse meritevole di elogi si sbaglia. Nel periodo storico in cui Fo sottoscrisse il manifesto che fomentava l'odio verso Calabresi, che portò al suo assassinio, era tutto eccessivo, furono fatti molti errori, ma non è questo il luogo, e neanche ne sarei in grado, di analizzare quel contesto e quella parte di storia italiana tanto amara. Ritengo del tutto ingiustificati questi articoli, non solo perché offendono la memoria di una grande persona, ma anche perché accusano di codardia Mario Calabresi. Vorrebbero tacciare di incoerenza il direttore de la Repubblica, accusarlo di aver addirittura rimosso quanto accaduto in passato, di non essere stato onesto nei confronti del padre, consentendo l'ampia celebrazione di Fo sul suo giornale. Io invece dico: ben venga questa incoerenza! E non è forse un mistero perché Sallusti abbia perso un'altra occasione per tacere. Forse, a voler essere onesti, c'era una via di mezzo, quella scelta da Travaglio, che non è certo un buonista, ma questa volta ha messo opportunamente da parte le polemiche e, senza ignorare alcuni eventi, ha reso omaggio al giullare più libero dei suoi contestatori.

https://youtu.be/9EdIFECzTVE