Quando Gep Gambardella parlava dell'odore della casa dei vecchi, io tornavo sempre con la mente alle domeniche della mia infanzia, quelle trascorse a casa dei miei nonni materni, e più precisamente ad alcuni momenti che hanno segnato inevitabilmente la mia formazione. La casa dei miei nonni era all'interno di un edificio del Risanamento, l'intervento urbanistico realizzato sul finire dell'800 per camuffare, più che sanare, il degrado di alcune zone di Napoli. L'edificio, privo di ascensore, costringeva me e la mia famiglia ogni domenica ad un'ardua impresa: raggiungere l'appartamento dei miei nonni al quarto piano. La prova peggiore da superare non era tanto quella atletica richiesta dalla scalata degli alti e scuri gradini di tufo, ma quella legata ad un rituale pre e post pranzo che i tempi, le convenzioni e il rispetto dei ruoli famigliari, con la complicità di un'impostazione architettonica, imponevano. Insomma, prima di arrivare alla meta, la tanto amata ed accogliente, seppur piccola, casa della nonna, bisognava passare a salutare i bisnonni al terzo piano!
Appena si varcava la soglia di casa, una puzza di aglio cotto raggiungeva rapidamente le mie narici ed il mio apparato respiratorio, già provato dal superamento dei tre quarti della scalata, accoglieva a pieni polmoni quell'odore corposo e grossolano, ideale per palati oramai troppo vissuti per apprezzare sapori leggeri. Quanta sofferenza! Più mi addentravo in quella casa piccola, ma dignitosa, ben arredata, secondo una tradizione famigliare di legno di noce ed intarsi preziosi, più temevo di sottoporre il mio olfatto a prove troppo dure, ma dovevo resistere, del resto avrei dovuto solo dare un bacio ai miei bisnonni e poi sarei potuta scappare via. Il fatto è che spesso alla puzza di aglio si sommava quella aspra del lardo o di altri intrugli speziati che proprio mi facevano star male, e finivo per detestare fortemente quella cucina e quella casa, ed un po' anche il mio bisnonno che più di tutti amava aglio e cipolla imponendone il consumo quotidiano anche alla consorte.
Quando la domenica sera lasciavamo casa dei nonni, spesso lanciavo fantomatiche sfide a mia sorella più grande, improvvisando funzionali gare di velocità che vietavano qualsiasi tipo di sosta prima del traguardo, rappresentato dal grande portone di legno posto all'ingresso del palazzo.
Adesso sembrerò un'insensibile, ma a me l'odore della casa dei vecchi non rievoca passioni, amori, sofferenze, complicità, ma riconduce ad una idea di monotonia, abitudini che chiedono ai sapori di combattere l'assuefazione.
Stasera, rientrando dalle vacanze, mi è piaciuto molto l'odore della mia casa di città.
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