martedì 27 febbraio 2018

280. ELOGIO DEL CARREFOUR

In un grande magazzino una volta al mese
spingere un carrello pieno sotto braccio a te
e parlar di surgelati rincarati
far la coda mentre sento che ti appoggi a me
...

Lucio Battisti ci ha ambientato una delle sue canzoni più note, in un supermercato. E, se fosse stato ancora in vita, oltre a scambiarsi effusioni amorose avrebbe anche concepito un figlio, e magari la sua compagna ci avrebbe anche partorito, ma questo è un altro post, anzi, un altro spot.

In certi supermercati io ci starei per ore, a guardare, valutare, confrontare, scoprire, ad inebriarmi, a godere. 
Entro nel magico locale generalmente stanca al rientro da lavoro, con l'intenzione di acquistare lo stretto necessario: il latte per il giorno dopo, un po' di pane ed un secondo per la cena. Compro giusto qualcosa in più per golosità, una Cola zero, o una tavoletta di cioccolato, e alla cassa recupero con tempismo dalla borsa il sacchetto a quadretti rosso e bianco di provenienza svedese, fiera di contribuire in tal modo alla lotta contro il consumismo e l'inquinamento.
Questo accade dal lunedì al venerdì, perché nel fine settimana vivo la sindrome dell'impiegato e vado a briglia sciolta. 
Il sabato, ma soprattutto la domenica - non me ne vogliano quelli contrari all'apertura dei supermercati nei festivi (vedi post 228 del 19 settembre 2017) - il Carrefour diventa un vero e proprio luogo di culto.
Entro con l'euforia di una bambina che va al suo parco giochi preferito, sicura che le sue aspettative non saranno disattese. Mi muovo con cautela già dai primi banchi delle verdure e della frutta, e per non deludere l'addetto al reparto mi mostro interessata a tutto e so che, contro ogni principio biologico, cederò alle clementine più arancioni e lucide, alle mele più sexy che rievocano vecchi gruppi da college americani in perfetto stile Grease. Comprerò finocchi dietetici, perché 'nu poc e diet ce vo', e banane con il bollino blu. Qualche verdura in foglia, solo se pronta per essere buttata in pentola, e tutto ciò che l'industria ha prodotto per aiutarmi ad essere madre lavoratrice. Ai banchi della carne acquisto hamburger per cene veloci, cotolette già impanate e salsicce che non richiedono grandi attenzioni nella cottura. Per il pollo ho il gruppo di acquisto con le colleghe ad Arcofelice. Poi, vado in stand-by: mi incanto per almeno 10 minuti davanti all'espositore delle spezie e puntualmente compro l'ennesima bottiglietta con la noce moscata, il pepe della nuova nuance di moda, la curcuma, il sale dell'Himalaya e la tigre della Malaysia. Una volta fatta scorta di souvenir, mi dirigo al reparto dei detersivi prediligendo quelli in offerta, che devono superare in ogni caso la prova del buon gusto, ovvero risultare profumati al punto giusto, non esageratamente da farmi sembrare una donna di facili costumi, e neanche una da quelli difficilissimi (da lavare).
Insomma, acquisto qualcosa in ogni reparto, passeggio gioiosa tra mille colori e profumi e una volta alla cassa, sono costretta ad acquistare un'altra borsa brandizzata, per la modica cifra di 2 euro e 99 centesimi che concorra ad arricchire la collezione, perché il consueto sacchetto è rimasto nella borsa che uso per andare a lavorare, e quelli grandi destinati a contenere le spese del week end sono tutti piegati nel cassetto della cucina a mettere a dura prova la funzionalità del binario.
Alla fine, esco sempre felice.
Vi ricordate quando simpaticamente, qualche anno fa, fu consigliato agli anziani di combattere l'afa andando a visitare supermercati? Ecco, oggi quegli stessi luoghi hanno accolto tante persone infreddolite, e quotidianamente assolvono ad una funzione sociale risultando uno dei pochi luoghi in cui non si sta quasi al cellulare. Insomma, vado pazza per il Carrefour, eppure volevo cambiare il mondo.  

 https://youtu.be/Rc-5lMlOUJY





lunedì 19 febbraio 2018

278. ECCO PER CHI VOTO



Allora, tra due settimane sapremo chi ha vinto le elezioni, tra sgomenti, delusioni, preoccupazioni, nuovi servili adulatori, vincitori gaudenti e sconfitti deliranti, assisteremo ad una nuova investitura.

Se la giocano Berlusconi e Di Maio, inutile girarci attorno.




Un vecchio ed un ragazzo. Due bersagli dello snobismo intellettuale. Pare che molti intellettuali disillusi, forse spaventati dal "rischio pentastellato", preferiscano optare per una scelta trasversale, non rischiano di sbagliare, appoggiano Emma Bonino e non si espongono realmente. Continuano con supponenza ad utilizzare il termine populismo con esclusiva accezione negativa, senza rispetto per i milioni di italiani che credono nel Movimento.




Incredibile, vero? Più li si deride, più li si giudica male, più vincono. C'è gente che ancora ride per le gaffe di Berlusconi, da Romolo e Remolo alle battute su Obama, sulla Merkel (avendo dimenticato la depenalizzazione del falso in bilancio), così come c'è chi si sconvolge per le "imprecisioni geografiche" di Di Maio nella collocazione del dittatore Pinochet, chi lo prende in giro perché non usa il congiuntivo, e magari lo fa scrivendo: se avrebbe studiato, lo votavo. Insomma, sembra che conti più la forma che la sostanza. Anche se sbagliare su Pinochet è difficile, sarebbe bastato già leggere Isabelle Allende, ma oramai, il buon Luigi avrà già studiato tutta la storia cilena.




Sono molto attenta all'uso della consecutio temporum e mi dà fastidio la superficialità con cui si scrive e si parla oggi. Mettere al posto giusto accenti ed apostrofi è oramai prerogativa di pochi, come del resto l'uso del congiuntivo e di alcune proposizioni. La gran parte dei politici non supererebbe un esame di grammatica italiana e, ahimè, neanche di storia. È triste, ma bisogna prenderne atto.


Di Maio però è bravo, è un portatore sano di strafalcioni: sbaglia, si corregge, si informa, impara dai suoi errori e sta mostrando grandi capacità politiche. Ero molto scettica nei suoi confronti, per età ed inesperienza, ero diffidente, anche appoggiando da sempre il Movimento, lo ammetto, ma adesso mi rendo conto che merita più fiducia.


Ho letto il programma dei 5 stelle e mi sono rimasti impressi alcuni passi. Si parla di economia circolare in contrapposizione al modello lineare considerando che il benessere dei cittadini non sia direttamente proporzionale alla crescita economica.


Si mira a favorire la partecipazione pubblica in comparti ritenuti primari e strategici per il benessere della collettività.


Il PDF sull'ambiente è di 180 pagine, non l'ho letto, mi è bastato vedere quanto fosse importante il tema all'interno del programma.


Gli investimenti per la riorganizzazione del personale scolastico, non solo docente, l'attenzione al turismo, gli interventi previsti a salvaguardia del SSN. Insomma, tutto condivisibile, in linea con la mia idea di bene e benessere comune. C'è ancora un aspetto che voglio illustrare, sono stata sempre garantista, ma da qualche anno, lo sconfortante scenario politico, arrogante ed inconcludente, la rabbia accumulata per i soprusi subiti direttamente e quelli ai quali ho assistito, hanno risvegliato il mio lato giustizialista. Oggi, però, posso dire di aver compreso meglio alcune dinamiche, di essere maturata ed essere tornata garantista, e sono sicura che anche il Movimento subirà analogo processo.


Per il resto, non parlo dell'inutile polemica sui rimborsi dei rappresentanti grillini, davvero inesistente. È come andare a sindacare sulla qualità dell'igiene di una casa pulita ignorando di vivere in un letamaio. Credo nel Movimento. Sentirò un dolore allo stomaco per ogni congiuntivo sbagliato, mi arrabbierò per una proposta di legge troppo utopistica, ma non resterò ferma a guardare.


C'è una cosa che hanno più di tutti i cinquestelle, che fa la differenza, ed è l'autocritica, la capacità di migliorare dai propri errori, di fare di un'esperienza negativa un'opportunità, di guardare al futuro con ottimismo e tanto impegno. Sono stanca dell'arroganza dei vecchi marpioni. Voterò il movimento di tutti. Voterò 5 stelle.





mercoledì 14 febbraio 2018

277. LA MORE NON ESISTE, È SGRAMMATICATO

L'amore è l'unica cosa che ti riempie la vita, ma pure le patatine fritte non scherzano.
Trovare l'amore è meraviglioso, quasi quanto trovare ancora un po' di nutella nel barattolo vuoto.
E poi impari a dire ti amo perché è più facile che dire: non ho capito un cazzo di quello che hai detto e forse manco me ne importa, perché alla fine quando sto con te all'Ikea mi sembra che il mercato sia un grande salone da ballo e tu il mio unico cavaliere, la mia sedia, il mio tavolino, la mia inutile spazzola per abiti a cui si attacca tutto fuorché i peli dalle giacche. Ti amo perché vaffanculo proprio quando ne ho bisogno io del bagno ne hai bisogno anche tu, e allora condividiamo tutto, anche il momento in cui si fa la cacca. Ti amo perché non mi interessa uno che mi dica quanto sono brava a cucinare, ma uno che mi dia i suoi sapori, che prepari per me. Ti amo perché è più facile che dirti: ma quanti cazzi di cuori ti scambi su Facebook? E che è, una comune virtuale? E poi toglimi quel like che proprio non lo voglio se manco l'hai sentita la canzone che ho postato.
Ti amo perché per farci un bagno all'alba d'estate, abbiamo sofferto il freddo siderale, e ci siamo guardati insultandoci in silenzio per quell'idea.
Ti amo perché hai raccolto il mio vomito in ospedale e più lo facevi, più mi veniva da vomitare, e più ti amavo.
E mi dici ti amo solo perché non riuscirai mai a dirmi: vuoi quei kiwi?


lunedì 12 febbraio 2018

276. MIO FRATELLO CHE GUARDI IL MARE E PURE #SANREMO2018


Alla fine, questo festival di Sanremo 2018 passerà alla storia per un monologo sui migranti: Favino che recita Koltès e commuove. Il testo in realtà affronta la condizione dell'emarginato in senso lato, ma l'accento vagamente magrebino con cui Favino lo interpreta lascia intendere la volontà di utilizzarlo per fini specifici. Ad emozionarsi sono anche quelli che dicono no allo ius soli, che vogliono aiutarli a casa loro, perché qui nessuno vuole ammazzare gli immigrati, sparare a vista, oddio, proprio nessuno no. La questione non è la capacità di commuoversi, che a farlo sono bravi tutti, il pericolo è che resti una commozione fine a se stessa, e sicuramente nel caso di Favino sarà così. Del resto è stato un festival all'insegna della moderazione, del vorrei ma non posso, ma lo faccio lo stesso ...

I vincitori sono stati Ermal Meta e Fabrizio Moro con la canzone «Non mi avete fatto niente», e appunto dico, se non vi abbiamo fatto niente, perché ci dovete propinare 'sta canzone fastidiosamente pretenziosa? Tenetevela per voi, una serata tra amici, un karaoke, che so una festa per bambini. Non era la traccia giusta per voi questa sull'attualità, il tema non raggiunge la sufficienza.

Al secondo posto Lo Stato Sociale con Una Vita in vacanza, mi sono piaciuti, l'ho detto da subito che sarebbero arrivati secondi, perché era chiaro che gli italiani nel periodo preelettorale  avrebbero premiato "l'impegno sociale", seppure scarso, di Metamoro. La band bolognese però ci sa fare, a tratti ricorda un po' Rino Gaetano, e dà la giusta leggerezza al festival, superando ampiamente la sufficienza. 

Terza Annalisa con Il mondo prima di te. Bella voce, ma la canzone è semplicemente inutile. Appena sotto la sufficienza.

Al quarto posto Ron con Almeno pensami, ma anche no. Almeno da morto lascialo un po' stare Lucio, e jamm. Qua non è che tutti gli appunti lasciati da Dalla debbano essere pubblicati, altrimenti il prossimo anno ci ritroviamo una canzoncina con un testo tipo: latte, pane, vino, banane... dal titolo "Cose da comprare". Comunque, solo per rispetto a Lucio, più che sufficiente. 

Al quinto posto Ornella Vanoni con Bungaro e Pacifico, Bisogna imparare ad amarsi, ma anche a lasciarsi, Bungaro da solo sarebbe stato meglio. 
Supera la sufficienza. 

Sesto Max Gazzè con La leggenda di Cristalda e Pizzomunno, un bel testo dove le sirene non ci fanno una bella figura, ma di sicuro avrebbero cantato meglio di Max. Sufficiente.

Settimo Luca Barbarossa con la canzone in romanesco Passame er sale, ecco, magari pure il vino e ci facciamo una bella chiacchierata, che è meglio, va. La sufficienza non la raggiunge, mi dispiace.

Ottavo posto per Diodato e Roy Paci , Adesso. Questa sì, forse la più bella del festival. Supera anche il 7.

Il resto è di scarso rilievo, ma per dovere di cronaca, li elenco.

Nono posto The Kolors, decimo Giovanni Caccamo, undicesimo Le Vibrazioni, dodicesimi Enzo Avitabile e Peppe Servillo, tredicesimo Renzo Rubino, quattordicesima Noemi, quindicesimo Red Canzian, sedicesimi i Decibel, diciassettesima Nina Zilli, diciottesimi Roby Facchinetti e Riccardo Fogli, diciannovesimo Mario Biondi.
All’ultima posizione in classifica, Elio e Le Storie Tese.
Arrivedorci al prossimo Sanremo.


mercoledì 7 febbraio 2018

275. #SANREMO2018


Classifica di Sanremo dopo la prima serata.
Annalisa – “Il mondo prima di te”
Lo Stato Sociale – “Una vita in vacanza”
Max Gazzé – “La leggenda di Cristalda e Pizzomunno”
Ermal Meta e Fabrizio Moro – “Non mi avete fatto niente”
Nina Zilli – “Senza appartenere”
Noemi – “Non smettere mai di cercarmi”
Ron – “Almeno pensami”
Luca Barbarossa – “Passami er sale”
Elio e le Storie Tese – “Arrivedorci”
Giovanni Caccamo – “Eterno”
Mario Biondi – “Rivederti”
The Kolors – “Frida”
Ornella Vanoni con Bungaro e Pacifico – “Imparare ad amarsi”
Red Canzian – “Ognuno ha il suo racconto”
Decibel – “Lettera al Duca”
Diodato e Roy Paci – “Adesso”
Enzo Avitabile e Beppe Servillo – “Il coraggio di ogni giorno”
Roby Facchinetti e Riccardo Fogli – “Il segreto del tempo”
Le Vibrazioni – “Così sbagliato”
Renzo Rubino – “Custodire”

Un festival canuto, non solo per il presentatore, ma anche per i partecipanti in gara e soprattutto per la vincitrice assoluta, l'atletica signora di ottantatre anni che si è esibita con Lo Stato Sociale. 
Il palco di Sanremo intimidisce, ma Baglioni più che impacciato sembra assente, una specie di Ken con troppo botulino, annullato da una Barbie Hunziker fin troppo spigliata e padrona della scena, bella e sicura. Favino nelle vesti di un improbabile Big Jim, fa la sua parte e mostra doti canore inaspettate, vincendo finalmente sull'eterno rivale del mondo Mattel.
Ma plastica a parte, la serata di ieri è stata risollevata da uno sfrontato Fiorello, che risveglia il pubblico assopito cantando e ironizzando sull'attività sessuale di Baglioni potenziale compagno di avventura in un ipotetico "puttantour" sanremese.
Ah! C'erano pure le canzoni, già, Sanremo è il festival della canzone italiana, che annoia tanto da premiare chi si esibisce per primo come Annalisa, bella e brava, ma con una canzone inutile, uguale a mille altre.
Lo Stato Sociale, i probabili vincitori del festival, lanciano brevi messaggi di scarso rilievo sociale, ma a misura di social, su di una base musicale piacevole e non banale e a momenti lanciano anche una vecchietta dal palco.
Max Gazzè recita un testo da favola, accattivante, ma su di una base poco orecchiabile e con troppe Z che mettono a rischio la funzionalità del microfono.
Ermal Meta e Fabrizio Moro sono di una banalità raccapricciante, fanno quasi tenerezza, pure all'ISIS.
Nina Zilli non l'ho ascoltata.
Noemi è bella ed ha una voce suggestiva, ma trova sempre autori di merda.
Ron canta un bel testo, a tratti poetico, ma se Dalla non l'aveva pubblicata, un motivo ci doveva pur essere. 
Luca Barbarossa con la solita ballata nostalgica, sembra omaggiare Lando Fiorini per la recente scomparsa.
Elio e le Storie Tese li amo, non giudico, non sarei obiettiva.
Giovanni Caccamo inascoltabile.
Mario Biondi è bravo, ma non si impegna.
The Kolors sono carini, bravini, per ragazzini.
Ornella Vanoni con Bungaro e Pacifico grande classe, da parte di tutti.
Red Canzian basta!
Decibel non mi è chiaro se omaggiano il duca, il duce o Battiato?
Diodato e Roy Paci ero già nella fase rem.
Enzo Avitabile e Beppe Servillo apprezzo sulla fiducia.
Roby Facchinetti e Riccardo Fogli dovrebbero scoprire la comodità delle panchine del parco.
Le Vibrazioni non vibrano.
Renzo Rubino avrei voluto ascoltarlo, e dalla posizione che occupa in classifica (ultimo) credo che abbia portato una bella canzone.
Dal divano di casa mia è tutto... per ora.