Il mio post più letto è il n. 177. "DOTTOR CERÈ, DOTTOR DE CHE?", che ha ottenuto più di ottomila visualizzazioni.
Un post sui profeti dei nostri anni: i motivatori.
Ieri mi è tornato in mente, leggendo un post su Facebook in cui Andrea (il mio compagno) ipotizzava la realizzazione di un'antologia di storie di persone che "non ce l'hanno fatta", in contrapposizione al proliferare di libri sui successi inaspettati. Insomma, basta parlare di "sfide", cominciamo a raccontare di "sfighe".
Facciamolo analizzando il percorso che abbiamo fatto per trasformarci da umili e dignitosi spettatori a pessimi attori; partendo dai danni provocati dalla psicologia spicciola, "amati e fanculo tutti quelli che non ti amano", arrivando al narcisismo dei giorni nostri, tra selfie, dictat e sentenze proclamati dalle pagine dei social, passando per le lezioni dei motivatori.
Cosa abbiamo combinato? Come ci siamo ridotti? Ma davvero siamo tutti sfigati o forse ci meritiamo quello che abbiamo? Davvero dobbiamo dimostrare di essere persone di successo? E soprattutto, chi e cosa determinano e misurano il successo?
Carica carica carica, alza alza alza, sono urla da dj anni 90, andavano bene nelle discoteche in cui ballavamo e ci sballavamo, per poche ore a settimana, mica per la vita? Il mondo non è una grande discoteca ed il motivatore non può mixare i nostri pensieri. No.
Ho deciso, voglio parlare, che in discoteca non si sente niente. Voglio ascoltare senza stordirmi, non voglio urlare o sorridere per farmi notare, voglio tenere un po' la bocca chiusa e non mostrare i denti. Voglio scaricarmi, voglio il demotivatore. Uno che abbia il coraggio di dire: lascia perdere, non è cosa per te, sei nato spettatore, non puoi salire sul palco.
Uno che ti guarda e se sorridi ti dice: ma che cazzo c'hai da ridere? Ma pensa a lavorare, a contare i soldi che hai guadagnato e a fare la vacanza nel villaggio di merda ad agosto.
Il bravo demotivatore eviterebbe delusioni, direbbe che è inutile pensare di poter dire e fare tutto, c'è chi può e chi non può, perché non è vero che bisogna provarci sempre e comunque, perché meglio non aver mai creduto di avercela fatta piuttosto che aver toccato il cielo ed essere ripiombati giù.
Il bravo demotivatore spiegherebbe che è inutile agitarsi, nella vita conta solo la fortuna, non l'impegno, non la tenacia, non la passione. E poi, alla fine del suo corso, ci farebbe guardare Bellissima di Luchino Visconti.
Il demotivatore è un esaltatore di personalità, è come le botte dei genitori (in certi casi necessarie), solo dopo un corso con un bravo demotivatore si può essere liberi di piangere, ridere, di scegliere di provare, o restare fermi.
Che poi in discoteca il tipo fermo ha sempre acchiappato più di tutti.
Fantastico e sagace il tuo articolo, e poi, da amnete del cinema , ho trovato geniale il riferimento al film "Bellissima" di Luchino Visconti.
RispondiEliminaBrava Mavi!