Quanto leggo sui social in
questi giorni sembra davvero confortante: molti hanno ripreso a pensare, si sono risvegliati
dal torpore estivo! C’è voluta l’immagine shock del bambino siriano perché si
pensasse un po’ alla tragedia dei migranti con umanità. Sì, è discutibile l’opportunità
di pubblicare una foto così, per evidenziare l’enorme gravità di quanto sta
accadendo, c’è chi la reputa una scelta sbagliata, che addirittura offende chi
ha mostrato la foto sulla propria bacheca di FB, tacciandolo di insensibilità o
scarsa cultura, o di non so cos'altro. Io non sono d’accordo, non sono d’accordo
sul pubblicare una foto triste come quella, per rispetto verso i morti e per i
motivi che dopo vi espongo, ma devo
ammettere che quella tragica foto è servita a diffondere la notizia molto
rapidamente, per essere veramente social dovrei dire “in maniera virale”. Del resto questa estate non
sembra essere accaduto granché, probabilmente verrà ricordata dai più come quella del funerale dei Casamonica e del
bimbo siriano morto a soli tre anni. Pensate come è strana la vita: due modi
diversi, ma altrettanto eclatanti di salutare un defunto. Due modi per analizzare quanto sta accadendo in
questi giorni di socialità virtuale e solidarietà apparente. Li chiamerei
giorni dell’indignazione last-minute. Beh, vediamo, oggi per cosa ci indignamo? Per ciascuna questione si creano sempre due schieramenti: quello del "Ecco cosa sta succedendo" e quelli del "Ma che cazzo ce ne fotte", che in certe occasioni diventano "Che palle questo caldo insopportabile!" e quelli che "Adesso c'è il nubifragio, siete contenti voi che vi lamentavate del caldo?". La seconda categoria, ovviamente, campa sulle spalle della prima!
Si parla tanto, forse
troppo, di tutto. In realtà proprio di tutto no, ma di quello che “si porta”
sì, altroché. Discutere tanto di un argomento può rafforzare le nostre idee o
viceversa fornirci informazioni che ce le fanno cambiare quelle idee, o in altri
casi, creare tanto caos e lasciarci frastornati, senza più la voglia di capire.
Succede questo anche quando si parla tanto di una tragedia, sembra quasi che la
diffusione “virale” della notizia ne sminuisca la gravità. Ci addoloriamo, ci
scandalizziamo, ci arrabbiamo, ma alla fine ci abituiamo.
Il funerale del boss a
Roma oramai è barzelletta, tanto è “normale” che a dei malavitosi sia tutto
consentito, la gente nel ricordo ci riderà sopra e penserà che è solo stata una
grande pacchianata. Invece no! Il sindaco e la giunta comunale avrebbero dovuto
dimettersi, non si può rendere lecito un funerale di quella portata, in una
città come Roma, tra l’altro, non si può. Non è solo una questione di buon
gusto o di ordine pubblico, è una questione etica, morale, ma l’indignazione last-minute,
si sa, dura giusto qualche giorno.
La foto di Aylan verrà utilizzata ancora per un po’ per parlare di immigrazione,
per accusare, per fare proseliti, per populismo o altro, tanto che alla fine la
gente penserà che è “normale” che nei viaggi della speranza ci rimettano la
vita anche dei bambini. Sembra che fino ad ora gli adulti potessero morire. No,
di certo non è così, ma forse alle immagini degli adulti morti ci eravamo già abituati,
per loro, l’indignazione last-minute è già scemata.
Insomma, se qualcosa o qualcuno vi fa incazzare, parlatene, parlatene, parlatene ... fate andare via la rabbia, ma non dimenticate.
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