Il resto del Carlino definisce “trio delle cicciottelle” le
tiratrici con l’arco italiane in gara alle Olimpiadi, e si scatena il
putiferio: i social si accaniscono
contro il quotidiano, ma le campionesse non accusano. Del resto, perché
dovrebbero? Ci scateniamo contro i giornalisti che esaltano i glutei di alcune
atlete o la tartaruga dei nuotatori? No, e allora perché dovremmo farlo in
questa occasione? Hanno scritto “cicciottelle” perché evidentemente è così che
le vedono. Riflettiamoci un attimo, senza seguire la solita scia dei buonisti,
e di quelli che difendono ogni “perseguitato” ponendolo loro stessi nella
condizione di “diverso”. A me non sembra
offensivo, e lo dico da cicciottella. Un titolo di giornale deve essere
accattivante, deve incuriosire, certo non deve mai offendere, ma ha bisogno di
espressioni condivisibili. Nella folta schiera di atleti che ha sfilato durante
la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, abbiamo potuto ammirare fisici
statuari, bellezze di vario colore ed etnia, e tra questi saltavano all’occhio
i pochi, rari corpi un po’ più morbidi ed in leggero sovrappeso. In un contesto
come quello , un atleta con un po’ di ciccia rientra in una strettissima
minoranza, ed è naturale che l’elemento distintivo diventi anche un modo per
etichettarlo. Qualcuno ha scritto che il
vero errore non è nel titolo dell’articolo, ma nell’abitudine di classificare
le persone in base al loro aspetto fisico. Certo, è un errore soffermarsi sull’involucro
e non valutarne il contenuto, ma è anche vero che alcune caratteristiche non
possono essere ignorate e sono lì a raccontare di una persona, assieme a tutto
il resto ed è naturale ammettere di averle notate, non è giusto, piuttosto, che
queste caratteristiche fisiche rappresentino una discriminante.
Gli atleti hanno caratteristiche che vanno ben oltre quelle
espresse dal proprio corpo: tenacia, impegno, sacrificio, dedizione, e non saranno
certo dei chili in più a celarne il valore.
Pochi giorni fa un amico scherzando mi ha chiamata “chiattona”
e l’ha fatto pubblicamente, commentando un mio post su facebook. Conosco quest’uomo
da quasi vent’anni e gli voglio bene, è pulito, onesto, leale, ed è un buono, e
sapevo quando ho letto il commento che non c’era alcuno scopo offensivo, anzi. Se
uno scopo c’era, era quello che contraddistingue la sua ed anche la mia ironia,
andando contro gli stereotipi, contro queste mode degli opinionisti da quattro
soldi che girano sui social. Li chiamo gli sciacalli dei sentimenti, quelli che
speculano su ogni tragedia, su ogni disagio umano, provando sempre a commuovere
il lettore. Sono i vari “personaggi pubblici” che sulle loro pagine, per
diventare “social” e conquistare “mi piace”, sparano sentenze su ovvietà e
luoghi comuni a oltranza. Sono quelli che un anno fa hanno postato la foto del
bambino siriano sulla spiaggia, morto nel tentativo di raggiungere l’Europa.
Sono quelli che qualche settimana fa hanno pubblicato l’immagine della bambina
francese con la bambolina accanto, vittima della strage di Nizza. Quelli che sprecano
parole per i gay, gli immigrati, i poveri del mondo, gli ammalati, urlando frasi fatte, spesso
senza cognizione di causa, senza avere alcun argomento a supporto delle proprie
affermazioni. Questi stessi soggetti oggi magari insultano il direttore del
Carlino.
La bellezza conta, la bellezza è importante, ma non è quantificabile
attraverso parametri univoci ed assoluti
e soprattutto, non si ferma al corpo e non può e non sarà mai il solo metro di
valutazione di una persona.
Mi sono tormentata per giorni sull’esito di un incontro nato
per caso, ho creduto che fossero stati i miei chili di troppo a determinarne il
fallimento e forse lo credo ancora. Non lo so, ma mi dispiace pensare che possa
essere stato così. Per me ogni persona
che incontro è un regalo che la vita mi offre, non potrei mai fermarmi alla
confezione, mi viene sempre voglia di aprirla, scartare il regalo, aprire la
scatola, ammirarne il contenuto, arricchirmi di pezzi di vita altrui e,
scambiare e ricambiare idee, storie ed emozioni.
A Napoli si dice “è bell ma nun abball”, per indicare le persone belle solo fisicamente, ma vuote, senza fascino, prive di personalità, ed è un’espressione
che adoro perché la dice lunga su un certo modo di affrontare la vita.
Siate belli, ballate, e cicciottelle o grissini che siate,
fregatevene, voi siete molto di più, ma solo per chi vi saprà capire. Siate le “chiattone”
degli amici che vi fanno sorridere e lasciate agli altri tutte le cazzate fatte
di belle parole e falsi complimenti.