Ridiamo per piacere al pubblico, per paura di essere emarginati.
Scriviamo a chi non ci caga, appigliandoci ad un saluto distratto, nel timore che non capiteranno più nuove occasioni, nuovi incontri. Compiaciamo certi amici poco amici, ma con cui per abitudine condividiamo le 'uscite' del fine settimana.
Trascorriamo gran parte delle nostre serate davanti alla TV o ad un libro, buttando ogni tanto un occhio a Facebook, celando il nostro reale stato d'animo dietro un selfie. E se ci mancano le parole, condividiamo foto di pietanze e di luoghi visitati. E quando ci capita di realizzare che ci sentiamo soli, quando ce ne rendiamo conto, ci manca il coraggio. Non abbiamo la forza di dire la verità, di ammettere: sono solo.
Così un sabato sera, mentre sorseggiavo la mia bevanda con zenzero e limone, me ne sono fregata di tutto, non ho ceduto alla tentazione di fotografare la mia bella tazza in perfetto stile shabby, nè a quella di farmi un selfie, non ho finto di essere divertita o appagata, ed ho scritto sulla mia bacheca di FB semplicemente cosa stavo facendo, senza edulcoranti. Le reazioni sono state così spontanee che mi hanno sorpresa, ed alla fine ho pensato che le persone ti danno sempre ciò che chiedi: alla semplicità rispondono con la semplicità, alla rabbia rispondono con rabbia, all'allegria con l'allegria, insomma, siamo sempre noi a decidere cosa prendere dagli altri. Per questo principio, sotto il mio banale post, senza alcuna pretesa, sono arrivati i commenti di chi stava vivendo una situazione analoga, avendo sostituito alla bevanda allo zenzero una tradizionale tazza di latte, o un tè verde, o una camomilla. Che bello! - Mi sono detta - Viva la sincerità! Ecco una delle funzioni più sane di Facebook. Questa è condivisione!
Il giorno dopo, una mia amica, sullo stesso social, ha reso noto a tutti il suo bisogno di compagnia, ha descritto il silenzio in cui si trovava come 'distruttivo'. È stata tremendamente vera. Una sincerità disarmante. Un applauso a tutti quelli che hanno il coraggio di urlare la loro solitudine! La mia amica è stata raggiunta virtualmente da alcuni di noi e spero che altri lo abbiano fatto anche fisicamente, ma se così non fosse stato, se la compagnia fosse rimasta solo virtuale, la mia amica avrebbe vinto comunque, grazie al suo coraggio.
una simpatica utopia pericolosa in un mondo dove la verità è come il quadrifoglio. nella sfera dei problemi personali, delle patie psicologiche, dei disagi, dei flop nei rapporti di coppia iniziare il gioco della verità mettendola sul tavolo da gioco dove partecipano " gli altri" è come lanciare un boomerang e chiudere gli occhi sperando di non essere colpiti ! Nella mia esperienza di vita accade sempre che gli altri memorizzano le tue intimità ( i bug nascosti) che divulghi e li tengono come assi nella manica che poi ti giocheranno contro al momento opportuno. Per giocare al gioco della verità nella sfera del "io" e del " superio" devi centellinnare accuratamente i partecipanti, altrimenti ci sarà prima o poi il momento nel quale verrai additato pubblicamente dal Giuda di turno.
RispondiEliminaLa verità che si può mettere in piazza fottendosene di chi sia il partecipante al gioco è sulle cose materiali: il vestire, il cibo, le vacanze, gli usi e costumi giornalieri, l'auto, e così via...ma sulle proprie paure , sui propri sentimenti , sui propri disagi...il prossimo non è così attento, maturo e discreto da poter essere scelto come confidente.
Ho iniziato menzionando l'utopia perché tutto quanto espongo cadrebbe e sarebbe bello raccontarsi le intimità nascoste se fossimo tutti alla pari e cioè se ognuno raccontasse le proprie intimità senza poi subirne le conseguenze di un uso scorretto a mò di boomerang da parte di chi non ha raccontato le proprie verità ( ha barato)ma ha ascoltato le tue e le usa per affossarti.
it's Dangerous...very very Dangerous...
Forse in paradiso si può fare, ma non qui all'inferno tra i diavoletti con le apparenze di angioletti.