Ieri sera, durante la finale di Sanremo, l'attrice Sabrina Ferilli, bella ed elegante, ci ha risparmiato il sermone sui buoni sentimenti, dice lei, lo ha fatto simpaticamente, parlando il linguaggio social, pescando dal repertorio dei post di Facebook già inflazionati da anni, utilizzando la stessa strategia: deridere altri, commettendo gli stessi errori. Ribadendo un concetto secondo il quale non si può criticare una decisione, un'affermazione se non si è esperti della materia. Concetto condivisibile, se non fosse usato a sproposito per vietare qualsiasi forma di dissenso. Perché basta avere un po' di intelligenza e cultura per comprendere alcune incoerenze e si deve essere liberi di manifestare le proprie idee e quindi, anche se non sono un'attrice, posso dire se una parte mi sembra recitata male, non devo essere Laura Morante per farlo. Poi sul finire ha citato Calvino, con una frase ritagliata dalle incomprese Lezioni americane, un altro pezzo tratto dagli aforismi che circolano da anni sul social più popolato. Io stessa sono una fautrice della leggerezza, e non metto in dubbio che la Sabrina nazionale abbia letto Calvino, ma ieri ho notato molta superficialità. Insomma, non ha fatto il sermone, è vero, ma viene il dubbio che non avesse proprio niente da dire. Il suo discorso lo poteva fare chiunque avesse frequentato Facebook per qualche settimana. Ma si sa, Sanremo è lo specchio dell'Italia e questi siamo noi: banalità e aforismi, senza approfondire. Ho apprezzato molto la sobrietà degli abiti della Ferilli, di un'eleganza minimalista, proprio nel rispetto della semplicità del suo discorso, ecco, più che di leggerezza nel suo caso avrei parlato di semplicità del linguaggio e quindi del pensiero.
domenica 6 febbraio 2022
Sanremo senza brividi
Ci hanno provato poco dopo Marco Mengoni e Filippo Scotti (talentuoso attore protagonista dell'ultimo film di Sorrentino); è stato affidato a loro il compito di far notare quanto siano violenti e inopportuni certi commenti sui social, ma hanno dimenticato di dire la cosa più importante, che il linguaggio povero, violento e volgare lo hanno utilizzato per primi i nostri politici e le nostre virostar, fomentando odio sociale e soprattutto discriminando e dividendo il Paese. Se quei due bravi ragazzi avessero anche loro utilizzato un linguaggio più forbito e avessero ricordato che chi ci governa, chi straparla in tivvù dovrebbe dare l'esempio, sarebbero stati più sinceri e credibili, ma con loro, ancora una volta, si è persa un'opportunità, ha vinto la semplicità, che poi, cara Sabrina, è superficialità.
Quello che viene fuori è che Facebook con il suo linguaggio sia stata la principale causa del livellamento e della spersonalizzazione, che abbia posto le basi, quindi, per la creazione di una società liquida, uniforme e deprimente.
Non parlo delle canzoni per i motivi di cui sopra, nessun testo mi è piaciuto, forse salvo Truppi, anche se mi è sembrato un po' snob, con quelle sue canottiere da adolescente guevarista. Giovanni attento, se no fai la fine di Diego Bianchi che a cinquant'anni sta ancora con le magliettine finte rivoluzionarie. Va bene a quindici a venti, ma poi basta, diventi ridicolo e soprattutto ipocrita.
Alla fine, l'unica canzone con un testo significativo, anche se apparentemente stupido, è quello di Dargen D'Amico che consiglia di "fottersene e ballare". Finalmente parole vere, senza pretese, che ci ricordano cos'era l'allegria, "che brutta fine, le mascherine", questo dice Dargen ad un pubblico che balla allegro, in piedi, come se fosse in una discoteca, mentre le discoteche sono ancora chiuse (l'undici dovrebbero riaprire). Ma Sanremo è il luogo delle incoerenze, e non bisogna essere un giurista per capire che non è corretto ricordarsi solo per cinque giorni che i dati sulla propria condizione di salute, sulle scelte vaccinali, sono dati sensibili e nessuno è autorizzato a chiederli, nessuno, nè a Sanremo nè in un negozio, figurati a scuola, dove si dovrebbe insegnare l'inclusione.
Il mio plauso va a Dargen perché ci ha fatto ballare, perché sul palco dell'Ariston è l'unico che abbia avuto il coraggio di dire che "il governo si è dimenticato dei piccoli", l'unico che, in un abito improbabile, abbia pronunciato la parola "governo".
Vedi, bella e simpatica Sabrina, questa è la leggerezza, ancora una volta l'abito non fa il monaco.
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