“Ciascuno è libero di cambiare idea, ma un esponente del Movimento 5 Stelle che abbandona il Movimento deve pagare un risarcimento al cittadino, deve rispondere del proprio tradimento, si deve dimettere e poi può ricandidarsi nuovamente. Questa è la differenza tra noi e i partiti tradizionali, prendessero esempio da noi.”
Potremmo partire da qui, da queste parole che Luigi Di Maio
ha proferito circa cinque anni fa (chi vuole, può reperire facilmente il video in
rete, basta cercare “i voltagabbana del Parlamento”), potremmo partire da qui,
almeno noi che per un po’ ci abbiamo creduto, per chiedere il risarcimento.
Avrei voluto evitare di partecipare alla demonizzazione
mediatica del cinico Giggino nazionale, avrei davvero voluto lasciarlo in pasto
al sarcasmo ed alla soddisfazione di chi ne aveva sempre parlato male, chi lo
aveva deriso per la sua inesperienza o, peggio ancora, chi lo aveva preso
in giro per i suoi trascorsi da “bibbitaro” da stadio. Avrei voluto restare, come
sempre, fuori dalla massa, ma ho un dovere verso chi mi legge e verso me stessa
innanzitutto.
Qualche anno fa, alla vigilia delle politiche del 2018, mi
esprimevo, proprio su questo blog, a favore dei pentastellati, sia perché
conoscevo molti attivisti del Movimento, in cui riponevo grande stima e
fiducia, sia perché credevo nella possibilità di un cambiamento politico epocale.
Ho dovuto rispondere a lungo alle accuse di ignoranza e
stupidità mosse verso gli elettori del Movimento, ma ho sempre creduto, e lo
spiegavo anche in un post pubblicato nel maggio del 2018, che molti di noi potessero
ritenersi ingenui, sognatori, ma niente di peggio.
Nel corso di questi ultimi cinque anni abbiamo assistito ad
una lenta eutanasia del Movimento, dalle svariate deroghe ai principi del
regolamento interno, ai voti a favore dell’obbligo vaccinale, al silenzio sull’ILVA
di Taranto, dal compromesso con la Lega al sodalizio con il PD.
Ad ogni promessa mancata cadeva un tassello che reggeva il
castello di illusioni, iniziava a farsi spazio l’idea che forse un
giustizialista è solo un imbroglione che non ce l’ha fatta. Quel grido “onestà”
era solo la rabbia di chi serba rancore verso chi possiede qualcosa che si
desidera, proprio come diceva Andreotti: il potere logora chi non ce l’ha.
Ritengo ancora valida l'idea del reddito di cittadinanza, magari con forme di controllo più efficaci, ma non posso fare a meno di ridere davanti all'affermazione "abbiamo abolito la povertà", non posso che dispiacermi per la deriva qualunquista di tanti elettori delusi.
Caro Luigi Di Maio, anzi, neanche caro, onorevole, che una volta riteneva offensivo, le volevo ricordare che grazie al desiderio di cambiare di dieci
milioni di sognatori, lei ha imparato dove è il Venezuela, e a non confonderlo
con il Cile, ha avuto un lavoro fisso a rendita indeterminata, ha viaggiato, ha
imparato a sorridere mentre mentiva, ha ottenuto un po’ di quel potere che
bramava.