Ore 12:30, sono a casa in smartworking, whatsapp si illumina: Cosa si mangia?
Puntuale come la vittoria dell'Ucraina all'Eurovision, arriva la richiesta delle mie figlie. Da quando sono in smartworking, oramai più di due anni, sono tornate ad attendere i miei pranzi come una poppata, loro che hanno imparato presto a cucinare mentre ero in ufficio, adesso si sentono più figlie, più esigenti.
La domanda sarebbe anche confortante, se fosse esclusivamente un banale riconoscimento del ruolo di madre, ma è diventata un esame, un test sulle mie abilità da nutrizionista.
La risposta, quindi il pranzo, deve contenere necessariamente carboidrati e verdura, qualche volta legumi, non deve contenere troppo olio, deve essere diversa dalle ultime nove risposte e deve soddisfare i gusti di entrambe.
Impresa ardua per una figlia dei figli della guerra, per giunta napoletani, che hanno conosciuto i sacrifici ed hanno poi creato famiglie durante il boom economico; una come me, cresciuta nel calore e nella condivisione dell’abbondanza a tavola, tra pasta con sughi ricchi di condimento, in cui spugnare chili di palatone cafone, gnocchi fatti in casa, lasagne, casatielli, braciole, cotolette e pure pesce e verdure, ma fritte.
Quando poi ho cominciato a cucinare, cercavo di essere sobria nella preparazione dei piatti quotidiani e sfogavo il mio estro nei dolci. Anche io ho provato a convertire al “sano” mia madre, imponendole menu a base di petto di pollo arrostito ed insalata, ma lei aveva la capacità di far passare per verdura la parmigiana di melanzane ed i peperoni al gratin, ed io la assecondavo con piacere.
L’idea che nella pasta con il cavolo non avrebbe potuto più mettere la scorza di parmigiano, nella pasta e fagioli la cotica, è stata difficile da fare accettare a mia madre, ma alla fine dal casatiello sono stati eliminati solo i cicoli, vabbè nel casatiello la sugna ci può stare, ci deve stare, ma i cicoli no, è troppo.
Insomma, un giorno preparo le orecchiette con i broccoletti, un altro la pasta con le zucchine, poi pasta con i friarielli, con i carciofi, con i peperoni, con i fagioli, la sera carne, pesce o uova con verdure, tutto questo perché possano mantenersi magre e belle ed il sabato sera mangiare panini multistrato con hamburger, formaggio, cipolla fritta, pancetta, lardo di colonnata, salsa e merengue.
Comprendo quest'attenzione che rivolgono all'alimentazione e mi fa sorridere, c’è solo una cosa che mi preoccupa, un’espressione che ho appena riportato: magra e bella, un binomio che per molti è un intercalare.
Si fa la lotta ad ogni tipo di discriminazione, anche a quelle inesistenti, e non si combatte lo stereotipo più stupido e dannoso, secondo il quale alla magrezza equivale la bellezza, soprattutto per una donna.
Non nego che un’alimentazione sana dia benefici, che ancor di più il movimento aiuti a rallentare l’ineluttabile processo di invecchiamento, sono convinta che sia importante seguire regole alimentari e che ci si debba curare; non voglio dire che non esista il bello e il brutto, esistono e come, ma sono concetti relativi, esiste sicuramente un troppo magro ed un troppo grasso, ma esclusivamente ai fini salutistici.
Mens sana in corpore sano, è vero, perché sano è l'armonioso equilibrio tra corpo e anima. La bellezza è una danza di linee e pensieri.
A che serve parlare di asterischi e schwa se la pancia, l’arco d’amore, è ritenuta un elemento antiestetico e discriminante?
Oggi ho deciso, a pranzo pasta e patate con la provola ed il basilico fresco del mio balcone, e nel pomeriggio, una bella camminata.
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