Ci sono sentimenti che vanno avanti da soli, anche quando provi ad ignorarli, anche quando fai di tutto per concentrarti su altro, ci sono. Li trovi una sera sotto il cuscino, mentre rovisti tra gli scontrini piegati nel portafogli, quando infili le mani fredde nelle tasche del cappotto preferito e il vento ti indurisce il viso, e ogni volta che li riscopri fanno male.
Quando
ci siamo incontrati, quel ventisei agosto di tre anni fa, mi è sembrato che
quello fosse l’epilogo, la fine di un film, che da lì in poi avremmo vissuto
insieme, come del resto sognavo da quando eri arrivata sull’isola tre settimane
prima. Dal momento in cui i tuoi occhi si sono accorti dei miei, dal primo incontro di pensieri,
c’era stato il desiderio di te. Ci eravamo scambiati nuove curve sul viso e altri respiri, prima di
toccarci, ci eravamo già parlati tante volte prima di quel giorno a casa mia, e
lo avevamo fatto lasciandoci guidare dall’eros. Avevo l’impressione che
anche tu mi volessi come ti volevo io, perché solo nella reciprocità prende forma l'amore vero. E la conferma era arrivata quell’ultimo lunedì di agosto.
Cara
Teresa, Teresa mia, ho provato a non pensarti, ad amare altre donne, ma dopo un
anno ho smesso, mi sono rassegnato, ho pensato che se era tutto vero, se davvero
era tutto reciproco, allora stavi provando lo stesso tormento che provavo anche
io e l’incastro sarebbe tornato perfetto. E adesso vengo da te, te lo dico che
ti amo, te lo dico che voglio stare con te, e con quella piccola miniatura di
te. Adesso vengo. E se non mi vuoi, vuol dire che non sei tu, che mi sono
sbagliato, che nulla è vero.”
Quel pomeriggio al bar del porto, mentre Enzo andava verso casa di Teresa, c'era una coppia di anziani che discuteva, lei era su una sedia a rotelle, aveva un rossetto fucsia ed un vestito blu, lui le era seduto di fronte, occhiali da sole ed una camicia azzurra leggermente sbottonata; ogni tanto a fine agosto, si vedevano sull'isola, erano sempre insieme, sempre a parlare, a stuzzicarsi, a rinfacciarsi vecchie abitudini, nella consapevole dipendenza dall'altro. Quel pomeriggio, mentre Enzo passava avanti al bar, con la lettera tra le mani, e lo sguardo lontano, l'uomo anziano era sbiancato, lei aveva lasciato cadere la tazzina di caffè che aveva nella mano destra, il braccio penzoloni e la testa piegata sul petto. Un rivolo di caffè sul rossetto, un fermo immagine sullo sfondo, mentre la vita scorre nella sovrapposizione di nuove scene.
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per il tuo contributo