<<Prendi la farina, mentre finisco di sbucciare le patate. Ecco. Versala sul tavolo e prendi lo schiacciapatate.>>
<<Sei sicura che sia meglio lo schiacciapatate del passaverdure?>>
<<Meglio, non lo so se è meglio, ho sempre usato questo, è più veloce, ma è la stessa cosa, alla fine la patata resta un po’ grossa e così deve essere, altrimenti diventa colla inchiommosa e gli gnocchi vengono duri come pietre.>>
È domenica mattina, settembre è iniziato da poco e c’è nostalgia dei sapori autunnali, anche se fa ancora caldo; Anita ha deciso di fare il ragù con la tracchia, la gallinella di maiale e le braciole, per non deludere le aspettative degli ospiti che attende, che la chiamano proprio la regina del ragù.
<<Abbiamo finito. Metto la pentola con l’acqua, perché poi li passi in forno, vero?>>
<<Sì, sì, oggi facciamo le cose per bene. Renato viene?>>
<<Sì, però poi il pomeriggio andiamo via presto, che abbiamo l’asta del Fantacalcio con gli amici dell’università.>>
<<E chi vi trattiene, per l’amor di Dio! Piuttosto, vedi di fare buoni acquisti, così questa estate ce ne andiamo a Lisbona.>>
<<Con i soldi del fantacalcio non paghiamo neanche il taxi per Capodichino, lascia perdere.>>
Anita guarda soddisfatta la distesa di gnocchi sulla tavola infarinata, il sugo pronto, il fiordilatte tagliato nel piattino, che aspetta di sciogliersi nelle terrine, mentre nella padella le patate sono già pronte per accompagnare la carne del ragù.
È tutto quasi pronto per il pranzo, Roberta e Nando apprezzeranno sicuramente.
Intanto il cellulare segnala l'arrivo di un nuovo messaggio, Anita corre a leggere:
- Abbiamo appena mangiato l'ultimo tarallo, mi sa che ci tocca tornare presto.
E subito dopo un selfie delle facce sorridenti di Fabrizio e Valerio.
- Siete uno spettacolo e già mi mancate.
- Ti amo mamma
- Io di più
Anita chiude WhatsApp e poi lo riapre subito dopo, il sorriso si spegne. Paolo non le ha scritto, sono trascorsi quattro giorni dalla cena a Bacoli e non le ha ancora scritto. Eppure, era stata una serata perfetta, tra parole, buon vino e occhi di gratitudine. Anche il dopocena a casa di Paolo era stato un capolavoro, una straordinaria alchimia, tra passione e tenera complicità.
Ma non era bastato, evidentemente qualcosa era andato storto e non se n’era accorta. Forse quei chili di troppo non erano piaciuti a Paolo, forse non era poi così bella, forse lui non aveva alcun interesse speciale per lei, la trovava solo una piacevole distrazione, del resto, quella era stata la prima vera uscita, le volte precedenti si erano incontrati per pochi minuti, non avevano avuto modo di conoscersi bene.
<<Mamma! Vieni qui, devo chiederti un consiglio.>>
Anita raggiunge la figlia nella sua stanza.
<<Metto questo vestitino azzurro o il top rosso sul jeans?>>
<<Forse con il vestitino stai più fresca, ma puoi mettere quello che vuoi, sei sempre bellissima.>>
<<Lo dici perché sei mia madre.>>
<<Lo dico perché sei una ragazza intelligente e se Renato ti ha scelto è per mille motivi, di certo non per i vestiti che indossi.>>
Monica si avvicina alla mamma e le dà un bacio sulla guancia.
<<Grazie. Però ricordalo anche tu.>>
<<Cosa?>>
<<Che sei bellissima e sei anche mille altre cose e meriti tutto il bene del mondo.>>
I figli sono sempre pronti a recriminare, a chiudere porte e a fare finta di sentirsi sicuri, sono giudici impietosi dei propri genitori, ma sanno anche che sono la cosa più preziosa che hanno e li proteggerebbero da qualsiasi pericolo.
<<Vado a cuocere gli gnocchi, cucinare mi riesce ancora bene.>>
<<Sì, però non piangere, io gli gnocchi salati per via delle tue lacrime non li voglio.>>
La buffa raccomandazione le dà il colpo finale e Anita non riesce più a trattenerle quelle lacrime di delusione, le lascia andare appena dà le spalle a Monica.
Spesso ci sentiamo responsabili delle azioni altrui, crediamo di non essere stati sufficientemente bravi, di meritare tutto ciò che ci accade. E più o meno è così, perché la differenza la facciamo noi, la nostra interpretazione degli eventi, il nostro atteggiamento. Alla fine, tutto ciò che avremo sarà ciò che abbiamo voluto, il bene ricevuto e anche il male, che ci avrà condotto alle scelte difficili. L’amore distribuito non è mai sprecato e a volte a ferirci è proprio chi ne comprende il valore.
<<Buongiooorno…>>
Nando fa il suo ingresso in casa con un vocione che costringe Anita ad un sorriso.
Roberta abbraccia Monica e lancia un’occhiata preoccupata alla sua amica.
<<Oggi mamma è un po’ depressa, sarà per la partenza di Fabrizio, ha bisogno di dolcezza, e pure di una cazziata. Non ho capito, io non sono nessuno qua? Vabbè che mio fratello è sempre stato il suo figlio preferito, ma adesso sta esagerando.>>
<<Sto bene, scemina. Il figlio preferito… ma stai zitta!>>
Intanto, arriva anche Renato con un vassoio di pasticceria.
<<Grazie, non dovevi. Anzi, hai fatto bene, è la mia pasticceria preferita, come Fabrizio.>>
<<Ah, vedii?>>
<<Monica, ma davvero fai? Ma cosa ne sa Fabrizio delle nostre cene romantiche, delle file da Zara e dei pacchi di Shein? E di tutte le volte che ti preoccupi per me, mentre io penso ancora che sia tu quella da proteggere? Vieni e aiutami a sistemare i fiori che Nando ha lasciato in cucina, jamm.>>
<<Uffa!>>
<<Eh, uffa, lo dico io che ho due figli che amo immensamente e che altrettanto immensamente rompono i coglioni, ognuno a modo suo.>>
<<Anita, ma lo sai che sei diventata un poco sboccata?>>
L’intervento di Nando arriva puntuale a trasformare tutto in un ridicolo teatrino e, ancora una volta, Anita gli è grata.
<<Ma che stronzo!>>
E ridono, ridono tutti.
Prima di sedersi a tavola, Anita dà uno sguardo al cellulare, mezz’ora prima Paolo le aveva scritto due messaggi:
- Scusami per il silenzio, ma l’altra sera siamo stati talmente bene che… insomma, non vorrei dirtelo in un messaggio, ma non mi capitava di stare bene così da molto tempo.
- Non lo so, te lo voglio dire da vicino, ci vediamo stasera?
Anita chiude WhatsApp e sorride. Non sa cosa vogliano davvero dire quei messaggi, si sistema i capelli e raggiunge gli amici e pensa che, anche se ne siamo sempre in cerca, l’amore fa paura.
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