Ho appreso da poco delle morte di Franca Rame, grande donna. Pensando a lei non posso non rabbrividire al ricordo della sua grande interpretazione dello stupro. Ieri, 28 maggio 2013, la Camera ha approvato all’unanimità (545 voti su 545) la ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta nei confronti delle violenza sulle donne, siglata a Istanbul nel maggio del 2011, nota come Convenzione sul femminicidio. Sembra quasi che Franca abbia pensato "OK, adesso posso andar via, le cose si stanno muovendo nel verso giusto ...". Credo che non si sia fatto, e ancora non si faccia, abbastanza per tutelare le donne. Quotidianamente assistiamo a comportamenti violenti nei confronti delle donne, e non solo fisici. Ho due bambine ed ogni giorno insegno loro il rispetto per le persone e per la vita, ma al tempo stesso, cerco di far comprendere loro quanto sia importante l'amore per se stessi. Solo amandosi, infatti, si può pretendere dagli altri il rispetto e l'amore. Nessuna donna mai deve consentire ad un uomo di usarla, deriderla, violentarla. Nessuna donna deve sentirsi colpevole se decide di non mettere al mondo un figlio per tutelare se stessa ed il figlio. La Chiesa Cattolica, maschilista, troppo spesso colpevolizza le donne che scelgono di abortire, troppo leggermente, violentemente. La violenza, dicevo, non è solo quella fisica, la violenza è soprattutto nell'atteggiamento di chi colpevolizza, di chi giudica e appella in malo modo colei che si prende l'onere di una scelta, che si fa carico di una responsabilità più grande di sé. Erri de Luca una volta ha detto che gli uomini devono effettuare grandi gesta, atti eclatanti, per essere definiti eroi; una donna dimostra di essere un'eroina ogni giorno (affermazione riportata anche ne "Il giorno prima della felicità"). Esiste una legge in Italia che consente l'"aborto terapeutico", ovvero la possibilità per una donna che porta in grembo un feto con gravi anomalie, di interrompere la gravidanza perché il suo proseguimento potrebbe causare gravi danni alla madre.
Le donne che decidono di avvantaggiarsi di questa possibilità lo fanno per salvaguardare se stesse, ma soprattutto il figlio che, una volta uscito dalla protezione del grembo materno, sarebbe sottoposto ad una vita di sacrifici, di derisioni, di emarginazione. Le donne che scelgono in tal senso lo fanno con coraggio, con dolore. Un dolore che ci si porta dietro tutta la vita! Adesso, chi si sente nella posizione di criticare, di sentenziare sul comportamento di queste donne, commette una violenza di un'entità tale, da apparire violento alla stregua di quelli che usano la violenza fisica.
Un aborto per una donna è sempre una scelta difficile, spesso devastante.
Dobbiamo provare ad amarci di più noi donne, amarci e non consentire ad alcun uomo di farci del male, mai!
Dobbiamo provare ad amarci di più noi donne, amarci e non consentire ad alcun uomo di farci del male, mai!
Per me chi abortisce commette comunque un omicidio, come puoi difendere le donne che lo fanno?
RispondiEliminaCosa dici? Che parola grossa .. un omicidio ... ma come puoi usare una tale espressione? Da madre, ti dico che dal primo giorno in cui sai di essere incinta, dal primo istante, pensi già a quel puntino, a quella lenticchia come a tuo figlio. Non mi sento di giudicare, non potrei mai farlo, ma credo che se una donna decide di abortire, lo fa perché crede di non poter dare nulla di buono ad un eventuale figlio. Lo fa perché pensa di non essere all'altezza, o perché pensa che le sofferenze cui andrebbe incontro il proprio figlio potrebbero essere troppo grandi, o ancora lo fa perché crede che quel figlio, frutto di un errore, di un abuso sessuale, non potrà mai essere amato dalla propria genitrice. Sono tanti i motivi che possono spingere una donna ad abortire ma, credimi, non è necessario colpevolizzare chi effettua questa scelta, nessuno può farlo. Si parla tanto di protezione dell'embrione e via discorrendo, ma agli uomini, a quelli già in vita, chi ci pensa? Rispetto per tutti, questo è necessario, non servono giudici della morale.
RispondiEliminaE' sempre e solo facile giudicare!!! non auguro a nessuno di trovarsi di fronte a questa terribile scelta...a distanza di 7 anni il dolore è sempre lo stesso ed il dubbio che la scelta sia stata sbagliata c'è sempre nonostante tutti i medici abbiano sempre confermato che era l'unica soluzione. Come pensi che si sentirebbe una donna a portare in grembo una bambina per altri 5 mesi sapendo che vivrebbe solo per 5 minuti...c'è solo da impazzire.
RispondiEliminaGrande MAVI un bacione Daniela Talò
Ciao Daniela, ho vissuto un'esperienza analoga alla tua e so quanto sia dolorosa, mi dispiace, hai tutta la mia comprensione. Ci vuole una notevole dose di coraggio per effettuare delle scelte, anche se quasi indotte. Il tuo valore lo si vede anche adesso, tu ti sei firmata, "il moralizzatore" no. Perdonami se ho ravvivato un dolore, non era mia intenzione, anzi, vorrei che chi, come noi, ci è passato, imparasse a convivere con questo dolore che, come dicevi, non passerà mai. Vorrei che riuscissimo ogni giorno a dare qualcosa in più ai figli che ci crescono accanto e un sorriso verso l'alto all'angelo che li protegge da lassù. Perché il sacrificio non sia stato vano. Un abbraccio.
RispondiEliminaCiao, ieri sera per la prima volta ho visto questo blog e mi sono soffermata per qualche minuto. Dopo poco ho detto a mio marito che sarebbe piaciuto anche a me scrivere qualcosa, magari aprire un blog come questo, sapete cosa mi ha risposto? A te chi ti legge? Troveresti due emarginati e poi ...
RispondiEliminaMi sono sentita derisa, umiliata, per me questa è stata una violenza. Al momento non gli ho risposto, ma oggi ho deciso che gliela farò pagare: riprendo a scrivere il romanzo che da tempo ho abbandonato e stasera se vuole cenare si compra una pizza!
Cara lettrice anonima, mi dispiace se hai accanto un uomo che ti fa soffrire, ma forse era solo ironico, forse in quel momento era arrabbiato. Non so che dirti, non sono brava a dare consigli e non amo le pagine della posta del cuore, ultimamente troppo finte e inopportune. Condivido, in ogni caso, la tua definizione: questa è violenza! Se per un attimo hai creduto di poter spiccare il volo, allontanandoti da tutto e da tutti, di essere una donna libera, una scrittrice, una sognatrice, la reazione di tuo marito è apparsa come una catena, come la gabbia nella quale vorrebbe che restassi, al sicuro, e nascosta da tutti. Forse teme la tua emancipazione perché fondamentalmente ha paura di perderti.
RispondiEliminaIn bocca al lupo per il tuo romanzo!