Giusto per parlare un po' di noi che viviamo abbastanza sul web, dalla Nonciclopedia:
"Per legge del contrappasso si intende l'espiazione dei peccati mediante punizioni simili o contrarie alla colpa, ma esponenzialmente amplificate. Se ad esempio una persona è rea di passare troppo tempo al computer, un buon contrappasso sarebbe condannarla a chattare con una fungirl che le spiegherà per filo e per segno (tra l'altro in bimbominkiese stretto) perché i Finley sono meglio dei Dari, con tanto di file multimediali annessi. E questo per il resto dell'eternità!"
Ancor prima di studiare Dante (convinto assertore della legge del contrappasso), io già credevo fermamente che la punizione ideale per il colpevole fosse subire la stessa pena che aveva inflitto alla sua vittima. Questa idea è andata scomparendo nel tempo lasciando posto ad un atteggiamento più tollerante e comprensivo nei confronti dei colpevoli. Ho cominciato a comprendere che forse non è sempre giusto punire troppo severamente un uomo perché ha commesso un crimine, se ha ucciso, ad esempio, non lo si può punire commettendo il suo stesso reato, non sarebbe logico, soprattutto non sarebbe educativo, cioè lo potrebbe diventare per gli altri, potenziali criminali, ma quello punito? Allora ho cominciato a fare una distinzione, a classificare i reati in base alla loro gravità, ed a capire che ci sono reati da scontare con la reclusione associata ad un percorso di recupero e ci sono reati per i quali tutti noi desidereremmo la pena di morte, parlo ovviamente delle violenze sui bambini e sui più deboli in generale. In Italia la massima pena è l'ergastolo. Ad oggi, sono 1500 i detenuti sul cui certificato, accanto al proprio nome, compare la scritta: «Fine pena: mai». L'eterno dibattito sull'utilità di questa pena: c’è chi dice che l’ergastolo è giusto perché se certi colpevoli sono condannati a stare in carcere tutta la vita, le loro vittime sono già sotto terra. Altri obiettano che l’ergastolo è contrario ai principi stessi della Costituzione, la quale prevede la rieducazione del reo e il suo reinserimento nella società. In Italia esistono due tipi di ergastoli: quello cosiddetto semplice, che dà la possibilità al condannato di uscire, se ha mostrato di meritarlo, dopo trent’anni, e dopo quindici, a metà pena, per qualche permesso, e quello ostativo, il più duro, quello che non prevede, fino alla morte, né permessi né semilibertà (circa 1400 detenuti sono sottoposti a quest'ultimo tipo di reclusione). A pensarci bene, quindi, l'ergastolo è pena ancor più dura della morte. Ci sono detenuti che pensano ogni giorno al suicidio, che non riescono a tollerare l'isolamento. Questa umiliazione, questo annientamento della dignità umana, deve essere davvero molto dolorosa. Negli ultimi anni si fa un gran parlare della insufficienza delle carceri in Italia, della mancanza di spazi e fondi necessari per la reclusione e rieducazione dei condannati. Trovandomi a discutere con alcuni miei amici sull'argomento, ho potuto constatare che molti di noi condividono la stessa semplice idea: rendere utilizzabili vecchi edifici abbandonati, presenti un po' ovunque nel nostro bel Paese, creare degli spazi dove poter rendere dignitosa la vita del carcerato e, soprattutto consentire loro di produrre alimenti e rendersi quasi totalmente autosufficienti, e di conseguenza costare di meno e non essere costretti a stare nelle celle tutto il giorno! Confido nel ministro degli Esteri Emma Bonino che sembra aver preso a cuore la questione richiamando l'attenzione di questo nostro inutile governo: <<Siamo il primo paese condannato dal Consiglio d'Europa>>, ha affermato di recente il ministro.
Sono convinta che la soluzione non sia nell'indulto e nell'amnistia, o peggio ancora, nella depenalizzazione dei reati. La certezza della pena, viceversa, resta un elemento fondamentale per riportare un po' di giustizia e di legalità nel nostro paese. La soluzione è in una migliore, più umana organizzazione della vita nelle carceri. Occorre dedicare studi seri e competenti ed investire pochi fondi (basterebbero anche parte degli immeritati compensi ai parlamentari) per rendere più dignitosa, fruttifera e realmente riabilitativa la vita dei condannati dietro le sbarre. Chiunque può sbagliare, ma deve essere offerta a tutti un'altra possibilità.
Sono convinta che la soluzione non sia nell'indulto e nell'amnistia, o peggio ancora, nella depenalizzazione dei reati. La certezza della pena, viceversa, resta un elemento fondamentale per riportare un po' di giustizia e di legalità nel nostro paese. La soluzione è in una migliore, più umana organizzazione della vita nelle carceri. Occorre dedicare studi seri e competenti ed investire pochi fondi (basterebbero anche parte degli immeritati compensi ai parlamentari) per rendere più dignitosa, fruttifera e realmente riabilitativa la vita dei condannati dietro le sbarre. Chiunque può sbagliare, ma deve essere offerta a tutti un'altra possibilità.
P.S. Resta ferma la mia idea di applicare la legge del contrappasso ai reati sentimentali, quelli dove la legge non ha competenza. Tutti i traditori devono subire un tradimento, tutti i pettegoli devono essere messi al centro dei pettegolezzi più cattivi, ed infine, tutti gli invidiosi devono vedere decuplicati i successi e le vittorie di chi invidiano! Allora sì!