"Sono napoletana da generazioni", dissi orgogliosa durante il primo pranzo a casa di un mio amico diversi anni fa, e la madre, milanese, rispose "e ne vai pure fiera?". Quella donna è diventata mia suocera e, nonostante vivesse già da trent'anni a Napoli prima di conoscermi, è solo negli ultimi tempi che ha capito cosa volessi dire. Sono napoletana da generazioni, io la napoletanità ce l'ho nel sangue, mi scorre nelle vene e mi fa alzare la pressione quando vedo e sento cose che fanno solo male alla mia incantevole città. Mi fa male vedere lo scempio che da secoli la delinquenza organizzata e non compie impunita; mi fa male sentir parlare male dei miei concittadini; mi fa male vedere come una certa categoria di artisti tragga beneficio dal folklore napoletano esasperando alcune espressioni della nostra cultura. Napoli è bellissima, Napoli è stata usata, violentata e noi napoletani siamo sempre stati troppo tolleranti, o troppo pigri, in nome della filosofia del "tutti anna campa'", dell'ottimismo fatalista "adda veni' baffone" e in nome di una consolatoria atavica ironia.
Amo il teatro di Eduardo che ha sempre reso bene il concetto di napoletanità, il cinema di Vittorio De Sica, amo la poesia di Erri De Luca, la musica di Pino Daniele (primo periodo), quella dei fratelli Bennato, degli Almamegretta. Amo la tradizione del "caffè pagato", diffusasi negli ultimi anni in gran parte dell'Europa
Amo la tradizione del presepe e la tradizione culinaria. La tradizione del ragù della domenica (ricordate "Sabato domenica e lunedì"?); quella della pizza a portafoglio, della pizza fritta nei pentoloni neri per la strada,
tradizione che per motivi igienici sta scomparendo, per far posto a localini che di igienico hanno molto meno. Amo la tradizione del presepe, della tombola (a Natale quando è il mio turno, estraggo i numeretti dal cestino e creo una storia con il significato che la cabala attribuisce a ciascuno di loro), la tradizione della zuppa di cozze il giovedì santo e il sentimento che ci unisce quando il Napoli vince. Ricordate di istruire sin da piccoli i vostri figli, di portarli allo stadio e di fargli ripetere ogni sera una preghiera per il Napoli.
Confido nell'arrivo di un nuovo Masaniello!
LA napoletanità è qualcosa di unico...è un'arte del vivere...i detti napoletani insegnano spesso più buddismo che in pagine di questa dottrina. Ma la napoletanità è spesso esibita negli ultimi tempi come velo per coprire anche una mala-arte del vivere e del fare...come un dolce che deve far digerire l'amaro..un po' come un grande calciatore che invecchiato o ingrassato prova a tirare un calcio di rigore e lo sbaglia in malo modo e per scusarsi o per tirarsi su dice agli altri " voi non mi ricordate ..ma io ero il grande....."
RispondiEliminaOggi coesiste la napoletanità...qualcosa di bello da conservare e da studiare..e la àtinatelopan ( allo specchio)..un po' come cristo e l'anticristo.
Nessuno amerebbe vedere una bella donna che non si cura e si lascia andare.,,perciò dovremmo fare tutti qualcosa per far si che ridiventi una bella donna qual è.