domenica 12 dicembre 2021

Delitto di una notte di mezza estate

Delitto di una notte di mezza estate è un romanzo noir, con venature azzurre, come la maglia della nazionale di calcio italiana e quella del Napoli, squadra di cui il protagonista, Fabrizio Orlando, è tifoso.

E proprio a due partite di calcio è affidato l'incipit e la chiusura del romanzo; il giallo infatti si apre con una breve cronaca della partita dei mondiali Italia - Argentina del 3 luglio 1990, alla quale sta assistendo il giovane giornalista Fabrizio, mentre le ultime scene si svolgono in una domenica di 25 anni dopo, il 30 novembre 2015, durante la partita di campionato tra Napoli ed Inter. In entrambi i casi, Fabrizio sarà costretto ad abbandonare lo stadio San Paolo (oggi stadio Diego Armando Maradona) interrompendo bruscamente momenti di svago.
Ed è questa la caratteristica del romanzo di Gianluca Spera: la sequenza alternata tra vita ordinaria ed eventi imprevisti, tra presente e passato, tra momenti di lieve abbandono e repentino autocontrollo. Alternanza non solo verticale nel tempo, ma anche orizzontale, tra Napoli e Londra, città amate e complici, ma mai fino in fondo. È come se al protagonista non fosse mai concessa la possibilità di concludere un progetto, di realizzare un desiderio, di risolvere un enigma.
In questo susseguirsi di audacia e timidezza, di impegno e rinunce, l'autore racconta il proprio disincanto, fedele al relativismo conoscitivo, alla maniera di Sciascia, ironico e critico nei confronti dei nostri tempi.
Nulla finisce mai del tutto e nulla è completamente vero, c'è una continuità ed una promiscuità tra verità e menzogna, che rende l'indagine interminabile, mai completamente conclusa. 
Un libro ben scritto, che si fa leggere con piacere, mantenendo viva la curiosità e, sul finale, regala una piccola sorpresa.

Delitto di una notte di mezza estate
di Gianluca Spera
Ad Est dell'Equatore - 2016





sabato 26 giugno 2021

Un turbante come corona

Oggi ero in spiaggia e mi godevo il meritato riposo settimanale, felice di essere libera dal lavoro, dagli impegni di casa e pure dalla mascherina. Come consuetudine, la spensieratezza ha generato un immotivato sperpero di denaro, così, come nei giorni di festa, mi sono trasformata del genitor prodigo ed ho cominciato ad osservare attentamente tutta la mercanzia esposta sulle tavole, nei cesti e sulle braccia dei venditori ambulanti, per trovare la collanina giusta da regalare a mia figlia. In tutto questo struscio di uomini e donne interamente coperti, con camicie e pantaloni bianchi quelli di origini asiatiche, con vesti lunghe e  colorate quelli di origini africane, c'era un elemento, più di ogni altro, che li accomunava: l'uso della mascherina. Nessuno in spiaggia indossava la mascherina (e meno male aggiungo), tranne queste sagome stanche e tenaci. Ad un certo punto mi si è avvicinata Fatima (per agevolarci dicono tutte di chiamarsi Fatima o Aisha, perché li sappiamo pronunciare, grazie all'educazione cattolica e alle Winx), mentre mi chiedeva quale mi piacesse tra le sue collane, le ho indicato la mascherina e senza neanche che le chiedessi il perché, mi ha detto: 《tu hai un cuore grande, tu non sei razzista》, a parte la lusinga da venditrice, le sue parole hanno confermato la mia teoria.
Mentre se ne andava l'ho fotografata e l'ho immaginata con una corona. Se Fatima fosse stata una regina, chi mai le avrebbe ordinato di indossare la mascherina anche in spiaggia? No, non è il colore della pelle, non è solo una questione di etnia, è la miseria, la vera discriminazione è verso i poveri. Il disagio economico è associato quasi sempre alla mancanza di igiene e l'uomo viene identificato come vettore di infezioni, alla stregua di un animale randagio.
E adesso inginocchiatevi pure.