mercoledì 30 marzo 2016

195. THE ANSWER, MY FRIEND, IS BLOWIN' IN THE WIND

How many roads must a man walk down   
Before you call him a man?        
Yes, 'n' how many seas must a white dove sail      
Before she sleeps in the sand?         
Yes, 'n' how many times must the cannon balls fly      
Before they're forever banned?      
The answer, my friend, is blowin' in the wind,
The answer is blowin' in the wind.

How many times must a man look up          
Testo trovato su http://www.testitradotti.it
 
Before he can see the sky?          
Yes, 'n' how many ears must one man have
Before he can hear people cry?               
Yes, 'n' how many deaths will it take till he knows
That too many people have died?
The answer, my friend, is blowin' in the wind,
The answer is blowin' in the wind.

How many years can a mountain exist   
Before it's washed to the sea?         
Yes, 'n' how many years can some people exist  
Before they're allowed to be free?
Yes, 'n' how many times can a man turn his head,
Pretending he just doesn't see?
The answer, my friend, is blowin' in the wind
The answer is blowin' in the wind

Quanti uomini, quante famiglie distrutte da licenziamenti improvvisi, quanti poveri ancora dovremo vedere prima di capire che in questo sistema economico qualcosa non va, che siamo tutti coinvolti? Quanti maltrattamenti dovrà subire ancora una donna prima di denunciare il proprio compagno? Quanti bambini ancora dovremo consolare prima che i potenti smettano di giocare alla guerra? Quanti soprusi ancora dovrà subire un popolo prima di insorgere contro i propri governanti?
Quanto dolore siamo disposti a sopportare per amore, prima di dire basta?

La risposta arriva inattesa, proprio quando credi che stai per abituarti, che le ferite non bruciano più, arriva a risvegliare la tua forza, come un vento leggero che dà vigore e infonde fiducia, e ti fa ritrovare il coraggio di dire "no, io non ci sto!".

https://youtu.be/3l4nVByCL44



sabato 26 marzo 2016

194. LA PAZIENTIERA

Nessuna ambizione letteraria, nessun riflesso petaloso (che ovviamente il correttore di Word sottolinea in rosso), solo un neologismo estemporaneo per riassumere l'essenza della Pasqua partenopea. Pazientiera è la fusione di due termini: pazienza e pastiera, ma è anche un modo per indicare colei che educa alla pazienza. A Napoli si dice spesso "Ce vo' pacienz", e a furia di dirlo, forse si è lasciato correre un po' troppo, si è tollerato troppo, e qualcuno ha confuso quest'arte della comprensione con pigrizia e nullafacenza, con una apparente assuefazione. La pazienza è un'arte, ed ora più che mai è necessario coltivarla. Ora che ci vengono proposte immagini di stragi in tutte le salse, con i commenti più inutili e banali che neanche un bambino accetta. La retorica la fa da padrona ed intanto la gente muore, ed a noi non importa più di tanto, perché fino a quando non ci colpiscono un familiare, non capiremo mai il dramma di un attentato, la violenza e l'assurdità del terrorismo. Troppa superficialità, troppo disinteresse, troppi angoli del mondo relegati a ghetti, perché così conviene, non ci si può fermare a pensare, a commuoversi, ad immedesimarsi, a ragionare. Bisogna andare avanti a parlare d'altro, per non fermare il consumo del superfluo, la giostra dell'illusione, la vanità dei potenti. Ce vo' pacienz! Eh sì, ce ne vuole tanta! E allora, noi napoletani in questo siamo maestri, confidiamo sempre in un destino giusto o forse "giustiziere", e nel frattempo coltiviamo l'arte dell'attesa, della pazienza. Lo facciamo quando guidiamo, quando ci rivolgiamo ad un ufficio pubblico, quando siamo in fila alla posta, quando facciamo la spesa e quando cuciniamo. L'ho detto più volte e lo affermo sempre con maggior vigore: cucinare è terapeutico! Impegnarsi nella preparazione di una pietanza fa bene alla mente prima che al palato, ed è soprattutto un gesto d'amore. In questi giorni, in particolar modo, per le strade di Napoli c'è un profumo di pastiera più potente del canto delle sirene della maga Circe. La pastiera è un dolce sul quale si potrebbe stare a disquisire per ore, perché ne esistono numerose varianti. Per non parlare di quelle che hanno subito il "contagio" di tradizioni periferiche (aggiunta di crema, cioccolata e via dicendo), se solo mi limito a prendere in considerazione il dolce base, quello della reale tradizione partenopea, tramandatami dalla famiglia, soprattutto lato paterno, posso elencare quattro, cinque varianti.
Partendo dagli ingredienti base: ricotta, uova, grano, latte, burro, essenza di millefiori e canditi, si possono produrre risultati diversi in base al procedimento e soprattutto alla cottura.
A casa mia se ne preparano tre tipi:
tradizionale senza canditi, con i canditi ed il grano passato, con pochi canditi ed il grano passato per metà.
Passare il grano comporta una maggiore densità e compattezza della pastiera, che la rendono più cremosa.
Ma al di là del procedimento, quello che è determinante è la modalità di cottura.
Per un buon risultato occorre avere molta pazienza: il prodotto migliore si ottiene cuocendo la pastiera per almeno 2 ore a temperatura costante, intorno ai 160 / 170 gradi, in maniera tale che l'interno resti umido e la pasta frolla esterna non si indurisca troppo. Questo vale per un tegame non molto alto e di 22/24 cm di diametro.
È importante anche l'uso delle essenze. Tra gli amanti della pastiera ci sono, infatti, quelli che amano il gusto dell'acqua di millefiori, come se l'intensità del profumo potesse annientare tutto il cibo che si è ingurgitato durante il pranzo pasquale, una specie di oblio dei sapori e dei sensi di colpa. 

P.S. Questo post è stato scritto sotto l'effetto del profumo della mia seconda pastiera (quella con i canditi ed il grano passato per metà), perché per aspettare di infornare la terza, ce vo' pacienza ...
Buona Pasqua a tutti!




mercoledì 16 marzo 2016

193. TO', UN BRAMBILLA

Sono napoletana, all'anagrafe e soprattutto nel cuore, nelle viscere. Sono tifosa del Napoli, non potrebbe essere altrimenti per un vero napoletano, e sono orgogliosa della parte buona della mia città. La parte cattiva non me ne fa vergognare, mi fa arrabbiare! Detesto i luoghi comuni: il napoletano non è sempre allegro, anzi, spesso è incazzato e irascibile, ma non finge, sfoga, e questo lo aiuta ad affrontare la vita con più filosofia, apparente leggerezza. Il napoletano è malinconico perché è un sentimentale, è aperto al confronto, accoglie ogni diversità, sarà per via di questo mare che dà respiro, ma che  lascia anche incustoditi, facili prede di saccheggiatori e biechi opportunisti.
Io la amo la mia città, e vorrei che ogni giorno emergesse sempre più la voglia di riscatto dei miei concittadini, l'orgoglio, il desiderio di riportare Napoli al ruolo di primadonna. La storia, la cultura di questa città, la si respira quasi a fatica.
A giugno voteremo per il nuovo sindaco, ed è davvero un arduo compito. Si cade nello sconforto se si osserva quello che sta combinando il PD, davvero triste! E lo dico da donna di sinistra, se mai abbia più un senso definirsi di destra o di sinistra. Candidati che non meritano neanche di essere citati. Aspettavo con ansia il candidato del Movimento 5 Stelle, che sostengo, e del quale mi sento parte, ma sono rimasta delusa. Con tutto il rispetto per il paciocco Matteo, che non ho il piacere di conoscere direttamente, ma del quale mi hanno parlato molto bene, che possibilità ha di vincere un Brambilla a Napoli? Per giunta juventino! E su!
Perché figure più note e carismatiche del Movimento non si sono candidate? Perché Napoli fa paura? Perché forse non si è ancora pronti per governare questa città bella e impossibile? E allora che si fa? Si conferma Giggino? Direi che a questo punto è il male minore, ma non mi piace questa scelta. Non so.
Si può anche credere che il candidato a 5 stelle sia più innamorato di Napoli di quanto lo siano alcuni napoletani, del resto lui ha "scelto" di viverci, lui vuole migliorarla questa realtà. Insomma, non credo che il buon Brambilla riesca ad accattivarsi la fiducia dei napoletani, non lo crede quasi nessuno. Il Movimento ha molti simpatizzanti a Napoli, la gente per bene ha voglia di cambiare le sorti della città, ha voglia di onestà, legalità, di fare pulizia. Via i vecchi partiti che sono oramai un tutt'uno con la malavita locale, via tutto ciò che nasce da una politica consenziente e spesso artefice del marcio che sporca Napoli. Io voterei comunque Matteo Brambilla, per il solo fatto di votare il Movimento, ma temo che il mio voto possa poi andare ad agevolare la vittoria di candidati, nella migliore delle ipotesi, squallidi ed inutili, figli del peggio della prima repubblica. Quarantenni più vecchie della Jervolino, immagine di repertorio; pseudo imprenditori con loschi trascorsi ed altri da trascorrere. Ma perché? Perché il Movimento non ha colto l'occasione per dimostrare che il marcio può essere tagliato fuori, annientato? Io lo voglio il Movimento 5 Stelle a Napoli, a Roma, in Italia, io voglio vedere la gente abbandonare l'idea troppo radicata di clientelismo, voglio vedere trionfare la meritocrazia, punire la falsità e l'arroganza dei disonesti e dei vigliacchi. Mi piacerebbe che trionfasse un uomo qualunque, che si potessse governare insieme una città, che fosse viva la partecipazione dei cittadini, ma la vedo troppo difficile. Brambilla sarebbe la rivoluzione, ma qui non si ha più voglia di contestare, di combattere, eppure, basterebbe pensare che siamo in tanti, uniti, insieme, si vincono le più assurde battaglie!



lunedì 7 marzo 2016

192. POWER

Power è i titolo del dipinto che vedete riportato qui sotto, opera di una diciottenne partenopea dalla folta chioma e dai variopinti pensieri. Power. Power è l'energia che sprigionano i colori, la vivacità e l'imperfezione delle emozioni, power è l'estro che guida la mano della giovane autrice, piena di speranze ed ambizioni. Power è forza, vivacità, ma è anche consapevolezza. E' ribellione, irruenza, istinto. Il potere di un corpo che fiorisce, che sboccia dal ventre rosso di una donna e da esso si stacca, libero, pieno di vigore e capace di generare da solo nuova linfa, nuova vita. Power è la bellezza disarmate e disarmata di chi si pone senza protezioni davanti al mondo, nuda, come a dire "Guardate, guardate pure, io non vi farò del male. Sarò la nutrice per i vostri figli, attraverso questi seni tondi e confortevoli, sarò scudo per le vostre paure, che svaniranno nell'oblio del blu di questi fianchi, sarò forte con queste braccia sollevate per dimostrare resa, ma pronte ad afferrare la più crudele arma se necessario, e sarò sempre in piedi, perché ho radici robuste. Guardate, guardate pure, io vi lascio immaginare, vi lascio trovare in me l'angelo che avete sempre cercato, o il diavolo che avete sempre temuto, sarò specchio per i vostri pensieri, ma sarò innocente come il mio viso, che pare inespressivo, perché accetterà l'espressione che vorrete darvi." Ecco il potere di questa donna che affascina e che spaventa, che appare indomabile, totalmente incontrollabile, che rende succubi ed irrazionali, che dà dipendenza. E allora giù a lanciare etichette e facili definizioni, giù a massacrare corpi ed anime innocenti, violenze contro donne spesso inconsapevoli del proprio power. Ecco l'ira del vile, la menzogna dell'incapace, l'incomprensione del razionale. 
Fermatevi a guardarla questa donna, fermatevi a leggere i suoi pensieri; forse quelle braccia alzate vogliono solo aprire la strada, rendere più agevole il completamento da sempre auspicato, l'abbraccio.