sabato 9 settembre 2023

IL ROSSO E IL BLU DI OPPENHEIMER

 <<È già finito?>> Ha chiesto ieri sera, al termine di Oppenheimer, uno degli amici con cui ero andata al cinema, per sottolineare ironicamente la durata del film, diretto sapientemente da Christopher Nolan.

Tre ore, forse troppe, per raccontare la nascita della bomba atomica, attraverso la genialità, l'ambizione e i sensi di colpa di un uomo e l'invidia di altri che gli girano attorno.
Uomini, tanti uomini.
Eppure, il film, la storia di Robert Oppenheimer è segnata soprattutto da due donne.
La prima è Jean Tatlock, una giovane psichiatra, a cui Robert si lega quando ancora si sta dedicando ai primi esperimenti e comincia ad avere dubbi sulle conseguenze; la donna con la quale legge alcuni versi del Bhagavad Gita, libro sacro dell'Induismo in sanscrito: "Adesso sono diventato Morte, il distruttore di mondi”.
La seconda è Jackie, la moglie di Oppenheimer, quella che gli sarà accanto fino alla fine, con austerità, riconducendolo di volta in volta alla razionalità. Quella che sa dei suoi tradimenti, ma li sopporta, fino a che non diventano noti a tutti.
Due figure femminili, due parti dello stesso uomo.
Jean, l'anima inquieta e sentimentale, Jackie, la forma, il rigore. Jean si uccide quando Robert smette di dare ascolto all'anima, per proseguire nel grande progetto che lo renderà immortale, pur essendo diventato egli stesso morte.
Sono il rosso e il blu delle pillole di Matrix, il coraggio di andare a fondo e la tranquillità di vedere solo quello che emerge, senza pensare alle conseguenze, fingendo di non essere causa.
Non bastano tre ore, non basta una vita intera per comprendere il valore di ogni scelta, perché l'anima, si sa, non si può ignorare.


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