martedì 22 novembre 2016

234. DI COSA STIAMO PARLANDO?


Che noia! Colpa del troppo parlare, del troppo scrivere, commentare. Si finisce per parlarsi sopra, inevitabilmente per contraddirsi, per confondersi. La comunicazione è fondamentale per un'adeguata convivenza, la scelta dell'alternativa più opportuna, il compromesso, sono alla base di un sereno quieto vivere. Semplificando, se vogliamo capire cosa possiamo fare per soddisfare le nostre e le altrui esigenze, dobbiamo innanzitutto capire quali sono queste esigenze, stabilire delle priorità. Sono fondamenti base di economia che trovano facile trasposizione sul piano sociale. Ma come si fa a capire cosa si vuole realmente se nessuno ascolta? Tutti parlano, tutti scrivono, tutti criticano, nessuno più  ascolta, nessuno legge e nessuno accetta di adeguarsi, di seguire un'indicazione. Credo che la causa di questo grande caos nel quale ci stiamo perdendo sia in questa continua ricerca di affermazione da parte di ciascuno di noi. Vogliamo essere tutti protagonisti, tutti prime donne e nessuno è disposto a rivestire ruoli minori. Un bagno d'umiltà, facciamoci tutti un lungo ed intenso bagno di umiltà! Magari mentre ci facciamo anche un bagno in acqua e sapone, che l'igiene è importante, eh! Ricordiamoci che il ruolo secondario non è umiliante, ma funzionale e indispensabile, e non è detto che il ruolo del protagonista sia svolto dal migliore, ma lasciamo che la distinzione ci sia. Ben venga la conoscenza e la partecipazione, l'ho sempre detto e lo ribadisco adesso (resto sempre populista), ma basta egocentrismo e presunzione. Non so da dove abbia avuto origine tutto, se c'entra la TV o di più i social, i talent, o più in generale la velocità con cui si diffondono informazioni in rete, ma questa smania di popolarità, di successo, di affermazione, non è mai stata così forte come in questi anni, come adesso. Un ragazzo che ascolta una canzone delle nuove generazioni di urlatori, nella maggior parte dei casi, non pensa a godersi quel momento, e non perché si rende conto di quanto sia brutto il pezzo, ma prova a capire come riuscire a diventare come quel cantante, si chiede perché non ha ancora fatto qualcosa per arrivare ad incidere un brano. E allora via alla ricerca dei concorsi giusti, delle strade più facili e veloci per realizzare quello scopo. Poi giù delusioni, incertezze, fallimenti o brevi ed effimere glorie. Un lettore che ha tra le mani uno dei numerosi romanzetti di cattiva fattura, mentre legge, acquista sempre maggiore consapevolezza che egli stesso avrebbe potuto scrivere quelle centocinquanta pagine, che sarebbe in grado di raccontarle meglio, e cerca un editore, o pubblica autonomamente ciò che vuole, salvo scoprire poi quanto poco si vendano i libri, soprattutto quelli degli sconosciuti. E lo stesso dicasi di mille altre professioni o di qualsiasi altro ruolo sociale che produca 'notorietà'. Sui social sarebbe bello parlare di politica se non si rischiasse puntualmente di essere offesi da chi la pensa diversamente, e se il confronto non si esprimesse con slogan privi di originalità e quasi sempre non attinenti al post.
Abbiamo perso decenni a convincerci di essere in gamba, di potercela fare sempre e comunque, abbiamo sprecato milioni di parole per accrescere la nostra autostima, ma abbiamo strafatto, abbiamo esagerato, perdendo di vista il vero obiettivo ed il rispetto per gli altri. Il vero obiettivo doveva essere quello di accettarsi per quello che si è, fregandosene del consenso altrui, dei mi piace e del successo. Coltivare le proprie passioni, anche se non condivise.
Magari adesso avremmo bisogno di meno 'motivatori' e più amici, è arrivato il tempo di scrivere un messaggio per tutti i polli che si credono aquile, perché tornino nei propri pollai, con dignità, confusi e felici.



1 commento:

  1. Hai indovinato tutto in pieno : è la malattia del momento. Il problema è come guarirla anche perché il cambio di marcia che invochi lo praticano sempre e solo gli stessi ed invece sono proprio i malati che non sono in grado di farlo. Forse perché non vogliono farlo, perché la loro natura è così come la vedi; si esprimono negativamente al passo coi tempi e con ciò che i tempi gli mettono a disposizione e sono coerenti con il prorio io che ha tutti quegli aspetti negativi che descrivi. In poche parole sto dicendo che " il ragazzo" che descrivi ha la stessa testa dell' opportunista egoista del medio evo..o dell'età egizia cambiano solo la scena ed i mezzi.

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