venerdì 8 dicembre 2017

270. LEGGERE IN METRO

<<Questa è tua!>>
L’uomo sopra i cinquanta guarda prima la borsa da lavoro che porta nella mano destra, poi solleva il mento verso chi gli sta di fronte e lo guarda, attendendo la sua reazione.
Pochi secondi di silenzio e l’altro, un po’ interdetto gli risponde:  <<Sì, effettivamente è uguale alla mia>>
<<No no, è proprio la tua borsa>>, incalza sorridendo il primo.
<<Ah!>> esclama distrattamente l’altro.
<<Ti spiego come è andata>> Le labbra carnose consentivano a malapena di decifrare le parole, ma messe a corredo di quel viso grosso, sotto un paio di narici larghe, erano perfette calamite per i miei occhi. Mi sembrava che il possessore della borsa incriminata fosse un uomo buono, troppo impacciato, uno di quelli che credono di trovarsi nel corpo sbagliato, nell’età sbagliata. Fisico abbastanza asciutto, ma viso gonfio e mani doppie, da contadino, sembravano racchiudere un animo sensibile, un’ingenuità quasi adolescenziale.
<<Ho trovato questa borsa in ufficio ieri ed ho chiesto ai colleghi presenti nella stanza se fosse di qualcuno di loro, ma nessuno ne ha reclamato la titolarità, ed io, incredulo, ho cominciato a valutarne la capienza e le condizioni estetiche. Poi qualcuno ha aggiunto: “Credo sia di Alfonso, ma te la puoi prendere, l’ha abbandonata qua da mesi.” Ed io ci ho messo dentro le mie carte e me la so portata a casa. Hai capito Alfo’?>>
<<Sì sì, effettivamente l’ho lasciata nell'armadietto mesi fa, t’a puo' piglia', non uso più queste borse, vedi?>> E mentre lo dice, con il mento indica il borsello che porta a tracolla.
Alfonso ha un viso tondo, lineamenti delicati, un ventre prominente, mani non troppo grandi ed effettivamente, a guardarli bene adesso, sembra che la borsa stia meglio nella manona dell’uomo con i labbroni, piuttosto che appesa al braccio di Alfonso.
Alla fine la borsa e la mano si erano ritrovate, erano destinate a stare insieme.
Così, contenta del lieto fine, mi sono soffermata su altre facce, altri corpi, del resto il viaggio in metro sarebbe durato ancora una decina di minuti …
Altra scena, altri personaggi, questa volta una coppia male assortita: lei seduta e pigra, capelli sporchi, scontenta e polemica, lui in piedi di fronte, mani ed unghie pulite, viso dolce e sognatore. Li ho abbondonati subito, mi mettevano tristezza, avrei ascoltato un copione noioso e prevedibile.
Alla fine ha vinto lui, un vecchietto sopra i settanta, giubbino economico e malandato, ma pulito, testa bassa e vergognosa, ha estratto due accendini dalla tasca destra e li ha mostrati alla donna che gli stava accanto, le ha detto: <<Datemi qualcosa a piacere, non posso tornare a casa senza spesa>>. La donna lo ha ignorato e lui si è rimesso in tasca gli accendini, ancora più in soggezione, con grande imbarazzo ha chinato ancora più il capo su se stesso. Ho cominciato a fissare quel volto rugoso e stanco, quel corpo accartocciato dagli anni e dalla vergogna ed ho cominciato a sperare  che mi guardasse, che i suoi occhi incrociassero i miei, che la retta della bocca tornasse ad essere una curva, ed è accaduto. Proprio prima che arrivasse la mia fermata, ha alzato lo sguardo verso di me ed io ho piegato leggermente la testa in segno di approvazione e gli ho detto: <<Me li dia tutti e due>>, abbiamo entrambi allungato il braccio con l’oggetto di scambio, gli ho poggiato le monete nel palmo della mano ed ho portato via gli accendini. Mi ha guardato con gratitudine e commozione. Poi si sono aperte le porte e sono scesa dalla metro, pensando a ciò che avrebbero portato a casa quelle mani.
Le mani, quanto dicono le mani, più di ogni altra parte del corpo, più degli occhi, più della bocca, le mani.

Proprio in questi giorni mia figlia sta leggendo Firmino di Sam Savage, e c’è una parte nel quarto capitolo dove si cita Gall, il medico tedesco che alla fine del ‘700 si appassionò alla fisiognomia, ovvero la disciplina che pretende di dedurre i caratteri psicologici e morali di una persona dal suo spetto fisico e soprattutto dai lineamenti e dalle espressioni del volto.

Che ci sia una forte relazione tra le due sfere è evidente, l'ho sempre creduto, ma non è certo corretto utilizzare una sola chiave di lettura, credere che la relazione sia diretta ed univoca.
Così nei viaggi preferisco leggere i corpi piuttosto che i libri, li trovo più interessanti, più sinceri.

Quindi, non abbiate timore, perché se è vero che il riso abbonda sulla bocca degli stolti, non è che quelli tristi lo siano di meno. La leggerezza, l’ironia, sono proprie delle persone molto intelligenti, imparate a ridere che a piangere so bravi tutti.




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